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La
processione dell’Illuminata a Trevi
L’evento
La sera del 27 gennaio, da sempre, alle 18,30 -
anticamente, un’ora dopo l’Ave Maria - la statua del santo patrono Emiliano (o
più propriamente:
Miliano) viene
portata processionalmente per le vie della città, preceduta dai labari, dai
"cerei" e dal gonfalone, secondo un percorso e un ordine di sfilata che si
ripete da secoli, pur adattandosi ogni anno ad esigenze contingenti.[1]
Il Santo
Nell’Europa centro meridionale sono venerati diversi santi con il nome di Emiliano.
Il Sant’Emiliano di Trevi (più propriamente:
Miliano) ha come “dies natalis” il 28
gennaio al pari di un Emiliano venerato in Faenza, ma questo è tutt’altro
personaggio.
Il più antico documento riferibile all’esistenza di San Miliano è la “Passio sancti Miliani martiris”, reperibile in due copie, la più antica delle quali risale all’XI secolo, sebbene alcuni autori ipotizzino che esse siano redazioni di documenti più antichi risalenti al VI secolo[2]
Dalla Passio apprendiamo che il Nostro veniva
dall’Armenia, che fu consacrato vescovo e inviato a reggere la comunità
cristiana di Trevi, che in seguito alla decima persecuzione indetta da
Diocleziano fu sottoposto a vari supplizi e che fu ucciso sotto una
giovane pianta di olivo. Il nome MILIANUS, che è la latinizzazione
dell’armeno MILIAN fu usato fino al rinascimento e tuttora è usato dalla
gente di Trevi e pertanto questo è un discrimine tra il santo locale e
altri vari santi di nome Emiliano. Dalla Passio si possono rilevare
altri elementi significativi, che hanno lo scopo di identificare il
martire con il territorio di Trevi. Tra i luoghi del martirio vengono
menzionati il circo o teatro, di cui si hanno testimonianze letterarie
ed epigrafiche, il fiume Clitunno che rende fertile la vallata e l’olivo
che ricopre le nostre colline.
La pianta del martirio è identificata con un
olivo millenario, venerato da secoli, nella frazione di Bovara.
L'olivo di S. Emiliano nel 1934
(foto Scaringi) ...
e allo stato attuale (2005)
Origine della processione
Risalendo indietro nel tempo, l’inizio della tradizione ci sfugge, collocandosi al di là di ogni documento reperibile. Possiamo affermare che la processione si svolge da prima di una certa data essendo questa anteriore a qualsiasi testimonianza.
Il più antico documento su San Miliano, come sopra detto, è la “Passio”, che fu scritta per attestare la santità del martire e che non ci dà ovviamente notizie sulle manifestazioni di culto, come la processione nel corso dei secoli.
Il primo testo che fa riferimento alla processione
dell’Illuminata è una “riformanza” del 1355, in cui si rammenta il precetto a
partecipare alla processione del 27 gennaio “avendola sempre fatta per
consuetudine antichissima.[4]
Nell’archivio del Comune di Trevi esistono vari registri delle "riformanze", atti analoghi a quelli che oggi noi chiamiamo “deliberazioni”.
Il primo è del 1338 e va dal 19 di giugno al 13 di dicembre. Il secondo raccoglie gli atti dal 16/7/1345 al 15/2/1356 e proprio in questo volume si trova il documento sopra citato
.[5]Si può pertanto affermare che tra i primi documenti della
comunità di Trevi, si trova menzione della Processione dell’Illuminata.
Il riferimento alla “consuetudine antichissima”, certamente
si deve far risalire tale evento a qualche secolo prima, poiché se l’inizio
della manifestazione si fosse dovuto collocare nell’arco dei cento o
centocinquanta anni precedenti all’atto della deliberazione, si sarebbe più
facilmente potuto fissare termine meno vago essendo certamente tra i presenti
qualcuno che, per tradizione orale consueta all’epoca, avrebbe potuto portare un
qualche riferimento temporale.
Un indizio ulteriore dell’antichità della processione si può desumere dal tradizionale percorso che si ripete da secoli.
Dalla chiesa di Sant’Emiliano la processione gira a
sinistra e percorre via della Rocca, via Carlo Amici, Piazza Mazzini, Via Roma
fino all’antica “porta del Lago”, quindi prosegue a sinistra all’interno delle
antiche mura, per Via Lucarini, Via Cavour, Via Dogali, Via Natalucci, Via
Marconi, Piazza Mazzini, Via Riccardi e quindi rientra in chiesa.
Nella piantina dell’abitato si vede chiaramente (segno
rosso pieno) che
dal centro dell’insediamento urbano, attraversando in
diagonale Piazza Mazzini (in pianta "Piazza Pubblica di S. Emiliano") si va diritti alle mura castellane per
seguire il percorso interno delle mura per poi attraversare il paese e rientrare
in chiesa.
La “Porta del Lago” è il principale ingresso sulle mura
urbane. Essa però insiste nella seconda cerchia di mura, ampliamento alto
medievale della prima cerchia romana o tardo-antica”.[6]
Osservando il circuito della seconda cerchia (segnato n
giallo) nella carta
del catasto Gregoriano, si individua un percorso (puntini rossi) rigorosamente a ridosso delle
mura per tutto il tracciato e questo avrebbe dovuto essere l’itinerario della
processione per ritornare nei pressi della porta del Lago e poi puntare diritto
alla chiesa, al centro dell’abitato.
Infatti fino alla costruzione del Teatro Clitunno nel 1875
(segnato in pianta in colore celeste),
la via dei Fabbri, a ridosso delle mura congiungeva la porta del Cieco con la
porta del Lago.
Quindi si può affermare che la processione segue il
circuito della seconda cerchia di mura e non ha più seguito i circuiti dei
successivi ampliamenti. M a la terza cerchia fu costruita nel 1264 e pertanto si
deve argomentare che il percorso attuale, a parte la riduzione dell’ultimo
secolo dovuta all’interruzione della strada nel 1875, segue un percorso
anteriore alla seconda metà del Duecento.
Questa data pone la processione dell’Illuminata fra le
manifestazioni più antiche dell’Umbria e non solo.
Altri argomenti che attestano l’antichità della
manifestazione sono il carattere festoso e trionfale della stessa e il percorso
all’interno delle mura.
L’evento squisitamente religioso dell’omaggio al Santo
patrono è attestato dalla presenza della statua e della reliquia, precedute da
tutto il clero, dal vescovo e dalle confraternite e istituzioni cattoliche del
comune. Ma non meno importante è la partecipazione, sancita negli statuti e
nelle riformanze, di tutte le autorità e di tutte le organizzazioni civili. Le
insegne, i vessilli i “cerei” e la banda ricordano più il “trionfo”
dell’imperatore romano che la processione litaniante medievale.
Il percorso all’interno delle mura si può ricondurre al
diritto germanico (retaggio della dominazione longobarda dell’Alto Medioevo)
secondo cui ogni proprietario doveva percorrere ogni anno, a piedi
(Flurumgänge), o a cavallo (Flurumritte), i confini dei propri campi.
Uno studio recente[7],
fa risalire l’origine delle processioni con le reliquie dei santi all’anno 386,
quando Ambrogio, vescovo di Milano organizzò una solenne traslazione delle
reliquie dei santi Gervasio e Protasio, con la partecipazione dell’imperatore,
il giovane Valentiniano II, in posizione subalterna. L’episodio viene inquadrato
nella contesa in atto tra potere religioso e potere politico, in particolare
nella contrapposizione tra ariani e cattolici ed assume una straordinaria
rilevanza simbolica in quanto il corteo trionfale era un prerogativa
dell’imperatore e mai avrebbe potuto essere organizzato per onorare il vescovo,
ma fu facilmente accettato per glorificare i propri santi.
Negli anni successivi sono attestate numerose traslazioni
di sacre reliquie, tanto che il rituale divenne di uso comune in tutto l’impero
di occidente.[8]
Le reliquie
Sotto l’altare maggiore della chiesa di S. Emiliano,
un’urna raccoglie i pochi resti del protovescovo martire e protettore. Ma
l’attuale sistemazione risale al 1935, quando tutte le reliquie furono solennemente
qui traslate da Spoleto.
Prima di quella data esisteva presso la chiesa del
Crocifisso nella Piaggia il grande cippo lapideo che fu rinvenuto sotto il
pavimento del duomo di Spoleto nel 1660[9].
E prima ancora, niente!
Com’è possibile che nel Medioevo si venerasse un santo
martire senza neppure una sua reliquia, quando per le reliquie dei santi si
combattevano addirittura guerre fra città?
Nessun documento, locale o forestiero, fa menzione di
questo fatto, che pur sembra tanto straordinario.
(rivolto indietro per controllare l'uscita della
statua) e Don Giovanni Bertassi
L’ipotesi più probabile e che anticamente le reliquie
riposavano nella chiesa intitolata a S. Emiliano, ma nella rotta di Trevi del
1214 ad opera degli spoletini, costoro si siano appropriati delle reliquie del
martire come bottino e le abbiano portate nella città di Spoleto. I sacri resti,
riposti in un grosso cippo calcareo, furono seppelliti sotto il pavimento del
duomo, occultati alla vista per maggior protezione, tanto che nel tempo se ne
era persa memoria. Ma come segno di grande venerazione nel duomo di Spoleto fu
innalzato un altare intitolato a S. Emiliano. Con le reliquie fu rinvenuta una
lastrina di piombo, tuttora conservata insieme alle stesse reliquie sotto
l’altare maggiore di S. Emiliano in Trevi. Nella placca è incisa una scritta in
caratteri gotici che recita: “ossa
s.cti miliani martiris”. La grafia ben concorda con la data del sacco di
Trevi.
Quindi si può ipotizzare che anticamente – prima del 1214!
– fossero traslate in processione le reliquie del martire, senza le quali la
processione stessa non avrebbe avuto senso.
Successivamente, si continuò per secoli ad effettuare la
processione, ma non si sa con quale simulacro
L’ Illuminata
L’Illuminata è l’inizio del giorno di festa.
Nella tradizione giudaico cristiana, fino a tutto i XVII
secolo, secondo l’ora italica, il
nuovo giorno incominciava con il tramonto del giorno precedente
e pertanto la celebrazione dei vespri era il primo momento liturgico
della festa. Il segnale più appariscente della festa appena iniziata quindi era
una illuminazione straordinaria degna dell’importanza dell’evento.
La
processione attraversa Piazza Mazzini (1982)
Si deve considerare che nei secoli scorsi, fino al primo
Novecento non esisteva l’illuminazione elettrica e nel paese le notti erano
illuminate da fioche fiammelle devozionali davanti a qualche immagine sacra agli
angoli delle vie. In tale contesto è facile immaginare come l’illuminazione
straordinaria di fuochi e fiaccole doveva essere uno spettacolo visibile da
tutta la valle. Quindi l’aspetto più evidente della processione notturna - e non
soltanto entro le mura di Trevi - era verosimilmente l’illuminazione
straordinaria, la così detta Illuminata.
Nei tempi andati esistevano in Trevi altre manifestazioni
analoghe, come ad esempio per la festa antichissima di S. Reparata[10]
e di S. Bartolomeo[11]
ma tutte avevano come riferimento e termine di paragone la processione di
sant’Emiliano.
Con l'avvento della luce elettrica all'inizio del secolo
scorso, essendo le strade e le piazze già di norma illuminate più di quanto non
sia mai stato, si ritenne necessario illuminare a giorno ogni angolo del
percorso. Dopo continui aumenti potenza impegnata, nell’ultimo ventennio si è
tentato di limitare l'impiego dell'illuminazione elettrica per riproporre
l'antica suggestione delle fiaccole.
L’ordine di sfilata
Sia negli statuti che nelle riformanze, numerose rubriche
riguardano la processione dell’Illuminata e in particolare l’obbligo a
parteciparvi, considerato che il Comune sborsava dei denari per la decorosa
riuscita della festa.
“Dovevano intervenire il Podestà ed i Priori. Anche tutti i Sacerdoti e i Chierici della Città erano obbligati ad andarvi, sotto pena di uno Scudo di multa per i primi e di 5 Giulii per gli altri. I curati della campagna, che forse trovavano poco comoda per loro questa funzione sacra, riuscirono ad ottenere dalla Congregazione del Concilio, verso la metà del secolo XVIII, di essere dispensati dall'intervenire alla Processione. Dovevano andarvi anche i frati di tutti i Conventi … Le Confraternite, le Compagnie di Città e di campagna, con stendardi, il Magistrato, i Consiglieri, gli Ufficiali o Impiegati della Comunità, gli Artigiani con un capo per arte e col cero, i Medici e i Notari: tutti dovevano andare in Processione; pena uno Scudo ai mancanti”[12]
(1982)
E’ interessante confrontare la descrizione della
processione vista da un colto sacerdote nel 1935
“I miei concittadini furono sempre devoti
al loro patrono e ne celebrarono sempre la festa con grande solennità.
Caratteristica è la processione, che si svolge ancor oggi, e che era detta
anticamente “illuminata”, Circa un’ora dopo l’Ave-Maria comincia ad uscire dal
tempio la processione; precedono le confraternite e poi seguono gli operai dei
molini a olio e delle varie industrie locali e i rappresentanti di ogni arte e
di ogni mestiere, e ognuno porta qualche cosa che indichi di qual genere sia il
proprio lavoro. Per esempio, i falegnami portano una piccola pialla, i fabbri
una minuscola incudine, i tartufari una corona di tartufi, i pescatori alcuni
pesci, ecc.
In tal modo i Trevani
hanno sempre mostrato di voler mettere le loro attività sotto la protezione di
S. Emiliano
Il Clero interviene sempre numeroso e non
è mancato mai il concerto cittadino. Da qualche anno vi intervengono di nuovo
anche le Autorità Civili
Infine, seguita da molto popolo, sorretta
a spalla da giovani di Trevi e del circondario, incede la magnifica statua …”[13]
… e da ragazzi, molto attenti e un po’ scanzonati, nel
1963.
“Rivediamo
insieme, in ordine, la processione. Prima è l’aquila impagliata, in
rappresentanza dei cacciatori. Per secondo un vitello, artisticamente sventrato,
vero, in carne ed ossa, della ditta Gaudenzi. Seguono quattro o cinque “ceretti”
di piccolo calibro e poi il cero della ditta Zenobi, raffigurante la torre.
Segue un pastificio in miniatura, portato da rappresentanti della ditta Bonaca,
produttrice della famosa pasta trevana; ecco il cero della ditta Fioretti,
rappresentante la Sacra Famiglia al lavoro, ecco gli agricoltori della ditta
Checcarelli, con il ‘bacchio’, che più chiaramente si riferisce alla tradizione,
la forma di cacio pecorino e l’urna di vero contenente pupazzi in una scena di
coglitura delle olive. Ecco le numerose bandiere delle confraternite e
associazioni religiose, specialmente delle Società di Sant’Antonio (protettore
degli animali) portate a spall’arm con il ragazzino dietro che regge il lembo
per non farlo strisciare sul terreno. Ecco le ragazze dell’Opera Mons. Bonilli e
quelle delle Maestre Pie Filippini, sempre ordinate e composte nelle loro
divise; segue l’Azione Cattolica, dalle “Piccolissime” alle “Effettive”. Ecco i
ragazzi del collegio ENAOLI di San Martino e quelli del Collegio Lucarini,
guidati dai rispettivi direttori. Ecco la banda, roba fina, venuta da fuori.
Dicono che sia di Terni … Non distraiamoci: ecco l’ombrellone rosso con i tre
uomini che indossano camici dello stesso colore. Ecco la sacra reliquia ed ecco
la statua del Santo … Chiudiamo un attimo gli occhi ed eleviamo una sincera
brevissima preghiera al nostro Protettore. Ecco che sfila il gonfalone di Trevi,
scortato dal corpo delle guardie e dai rappresentanti del Comune (segretario De
Sanctis e alcuni consiglieri). Dietro i rappresentanti del popolo, la parte più
coraggiosa del popolo stesso
[era richiesto
il coraggio per partecipare perché sembra che quell’anno fosse particolarmente
freddo],
ad onor del vero, le chiome più canute di
Trevi
L’antico
cero dei muratori (1982)
Le finestre abbondantemente illuminate
rischiarano l’itinerario della processione (ricordo dei Luminari) … Il sacro
corteo rientra in chiesa. La statua è riposta sul suo palco dopo tre o quattro
pericolose oscillazioni. [seguono
considerazioni sul freddo eccezionale, tanto che non ci sono neppure le
“merangole” (arance) ] “Un
concittadino venuto da Pescara, sfidando
le condizioni proibitive delle strade, saluta i conoscenti e proclama la
“bellezza di ritrovarsi nella propria città per la festa di Sant’Emiliano”[14]
Per garantire un regolare e ordinato svolgimento del corteo
fu necessario programmare accuratamente il susseguirsi dei partecipanti. Già in
tempi antichi però la precedenza nella sfilata fu considerata un privilegio,
tanto che numerose riformanze comunali
trattano dell’argomento.
Ed è curioso notare come nel corso dei secoli i
rappresentanti di alcune “arti” che ora consideriamo meno nobili – o attualmente
addirittura scomparse, come ad esempio, “i bifolchi” – abbiano vantato diritti
di precedenza.
La
bandiera di una confraternita (1982)
Si riporta di seguito la trascrizione di una tabella,
copiata negli anni’80, ora purtroppo perduta, stampata nella seconda metà del
Settecento[15]
Ordine
da osservarsi nella Processione
Croce
della Perinsigne Collegiata di S, Emiliano
Cereo
dei Barbieri e Calzolari
Cereo
dei Ortolani e Molinarì a olio
Cereo
dei Tavernieri, Macellari e Pizzicaroli
Cereo
dei Fornari e Fornaciari
Cereo
dei Calcinaroli e Stoppacciari
Cereo
dei Arte Bianca e Falegnami
Cereo
dei Muratori e Sartori
Cereo
dei Fabbri e Calderai
Cereo
dei Droghieri e Speziali
Cereo dei:
Cacciatori
Bifolchi
Manciano
Parrano
Bovara
Pigge
S. Maria
in Valle
Matigge
Ponze
Coste
Cannaiola
Quelli
che hanno stendardi e pallj
S.
Lorenzo
Fabbri
Fratta
S. Luca
La Balia
di S. Emiliano
La Balia
di SS. Fabiano e Filippo
Compagnia della SS.ma Misericordia
Compagnia di Maria SS.ma della Colonna
Compagnia del Sacro Cuore di Maria
Compagnia del Crocifisso
RR.PP.
Riformati di S. Martino
II Molto
Illustre Rev.mo Clero
II
Rev.mo Capitolo
I Nobili
Signori Deputati alla Statua
La
STATUA DEL SANTO
Gli
Illustrissimi Signori:
Governatore
Gonfaloniere e Anziani.
Dopo quest’ultima voce veniva “il
popolo”.
Da questo elenco e dalla descrizione precedente si evince
come la partecipazione alla processione fosse quasi riservata a soggetti
inquadrati in istituzioni, mentre il popolo (per lo più anziani, come
sottolineano i ragazzi nella suddetta descrizione) era poco rappresentato. In
realtà, fino a qualche decennio addietro, c’erano in piazza e lungo le vie molti
spettatori che vedevano transitare la processione, segnandosi al passaggio della
reliquia e della statua.
Attualmente, ridotte al minimo le “compagnie”, chiusi gli
istituti e quasi tutte le famiglie religiose, - o assai ridotte, al pari del
clero secolare - quasi tutti i presenti alla manifestazione si accodano alla
processione.
La chiamata
La Autorità, i rappresentanti della arti e delle
corporazioni, gli ordini religiosi regolari e secolari e le confraternite,
ciascuno con le proprie insegne, già presenti in chiesa per assistere ai vespri,
alla conclusione della liturgia sfilano davanti alla statua del Santo, posta al
centro della chiesa, e si avviano lungo il percorso secolare.
Anticamente la “chiamata” era affidata ad un anziano – gli
uomini validi dovevano assolvere altre mansioni più gravose - dalla voce
stentorea, che proclamava i nomi dei vari gruppi nell’ordine.
Per farsi sentire da tutti si poneva al centro della
chiesa, proprio a ridosso della statua del Santo.
Intorno al 1950, con l’istallazione del sistema di
amplificazione sonora, essendoci allora un solo microfono in “cornu evangelii”
dove l’officiante proclamava la predica, lì prese luogo il lettore.
Recentemente, per incompatibilità con i canoni liturgici,
la chiamata avviene di nuovo dal centro della chiesa, con il radiomicrofono.
La Statua
Non sappiamo quale Immagine del Santo si
portasse in Processione nei secoli anteriori al XVII, non essendoci in quei
tempi alcuna statua, né alcuna reliquia di Sant'Emiliano. Fu soltanto nel 1613
ai 21 ottobre che il Consiglio deliberò “che si faccia l'Imagine di
Sant'Emiliano di legno, ma che la spesa non passi 25 Scudi, con farvi l'arme
della Comunità e che la spesa si faccia con licentia dei Signori Superiori” ….
La statua di cui si parla fu compiuta nel 1615, forse a Foligno, e “condotta in
Trevi con straordinaria allegrezza e sparo d'artiglieria”
…
Però i fedeli non erano contenti
dell'antica statua, poco confacente, anche per il suo stile modesto, alla pompa
solenne della cerimonia cui doveva servire. E' perciò che nel 1751 si dava
commissione di un'altra Statua, a Pietro Epifani da Foligno. … Questa Statua è
pregevolissima opera di stile barocco, ed in essa l'artista ha saputo molto
felicemente ottenere un insieme svelto ed elegante nonostante la pesantezza
dello stile.
Preceduta dal gonfalone, da
tutto il clero e dalla reliquia, la statua è l’oggetto più significativo
e appariscente della processione.
Il
gonfalone è un grosso ombrello
rosso, sormontato dalla statuetta del Santo con un campanellino (tintinnabulum).
Il gonfalone rosso della “balìa” di Sant’Emiliano è il simbolo del titolo
basilicale della chiesa, ora semplice parrocchiale, già sede vescovile - quindi
cattedrale -
“collegiata
perinsigne”
Nell’accezione popolare la statua “è” Sant’Emiliano!
La statua appena uscita dalla chiesa
Il
passaggio - critico! - sotto l’arco medievale
La statua incede per le vie sorretta da dodici portatori. Per la sincronizzazione dei movimenti e per superare i punti più critici del percorso – la porta della chiesa, l’arco gotico di ingresso del primitivo castello e vari stretti passaggi per le vie medievali – è necessaria la vigile guida di un assistente che impartisce precisi comandi ai portatori. Tale delicato compito richiede una certa esperienza ed è espletato da vari anni dalla stessa persona, per tradizione di famiglia, ormai alla terza generazione.
Benedizione della campagna durante una processione in diurna degli anni ’30 (Foto Giuliani) |
Sosta per la benedizione della campagna (1981) |
I Cerei
I "cerei" o "ceri" sono apparati, portati da una o più
persone a seconda della grandezza, con i simboli o i prodotti delle associazioni
e delle imprese commerciali, artigiane e industriali (anticamente delle arti e
delle corporazioni).
In origine i “cerei” erano composti da uno o più ceri o
candele con i simboli o gli emblemi della “corporazione”. Oltre all’effetto
scenografico, avevano la funzione pratica dell’offerta della cera per le
esigenze delle celebrazioni liturgiche e per l’illuminazione della chiesa. Prima
dell’avvento dell’energia elettrica l’illuminazione avveniva prevalentemente con
lucerne ad olio e con candele di cera. La candela era il mezzo più pratico,
anche se più costoso, tanto che erano alla base delle dotazioni delle chiese o
delle “cappellanie”.
Con il tempo, specialmente in epoca moderna, è cessata la funzione dell’offerta della cera e i “cerei” della processione si sono andati modificando: la cera è diventata la materia base per la realizzazione di statuine o bozzetti che richiamassero la peculiarità dell’”arte” e le candele servivano solo per illuminare l’opera[16]
Ultimamente, superata la funzione delle candele come fonte
di illuminazione, i “cerei” della processione non hanno più alcuna attinenza con
la cera, perdendo così la caratteristica precipua che ne determinò l’origine ed
il nome, riducendosi quasi ad oggetti pubblicitari.
Le arance
Un’altra caratteristica della festa di Sant’Emiliano e
della fiera che si effettua il giorno successivo (29 gennaio) sono le arance,
analogamente a quanto avveniva in Foligno per la festa della “Madonna del
Pianto” (14 gennaio)
Questi frutti in antico si trovavano solo in limitati
periodi dell’anno e dovendo venire dalle regioni più calde erano rari e perciò
costosi.
Pertanto, il giovane che offriva un’arancia (in dialetto
“merangola”) ad una ragazza assumeva un preciso impegno che equivaleva ad una
dichiarazione d’amore[17],
da cui il detto:“Le ha dato una merangola!”. Per contro: “Ha preso una
merangola” significava: “ha preso una “cotta”.
Pur essendo ormai superati le fiere e i mercati che
anticamente erano straordinari e importantissimi eventi commerciali e di
costume, tuttora, la sera della processione, si si possono trovare bancarelle
con vasta esposizione di arance e gli esercizi locali addobbano le vetrine con
fiori ed arance.
Conclusioni
La processione
dell’Illuminata è un antichissimo evento di fede che attraverso i secoli è
diventato anche una manifestazione di costume.
Nel quadro più vasto
della festa del santo patrono, di cui è parte qualificante, ha contribuito a
solennizzarne la memoria e il culto con conseguenze anche nella vita sociale
e nelle arti.
Pur mancando ovviamente testimonianze dirette della sua origine, dai documenti più antichi e dalle modalità dello svolgimento, si può ragionevolmente ipotizzare che risale sicuramente all’Alto Medioevo e forse al tardo-antico, ponendola ben oltre a tutte le processioni antiche che ancor oggi si effettuano in onore dei Santi. Tradizioni più antiche riguardano soltanto riti processionali relativi alla Passione (Via Crucis e episodi correlati).
La sua validità
attuale è dimostrata dal fatto che ogni anno la partecipazione è altissima,
con notevole affluenza di oriundi e forestieri come avveniva nei secoli
scorsi[18],
e con notevole eco nei mezzi di informazione[19]
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SANT'EMILIANO
14Z
Associazione Pro Trevi - I-06039 TREVI (PG) E-mail: protrevi@protrevi.com © 1996-2023 by F. Spellani |
Grafica e gestione: Explica s.r.l. Aggiornamento: 20 novembre 2023. |
[1] In caso di maltempo la
processione è rimandata al giorno successivo, 28 gennaio, a mezzogiorno,
dopo il Pontificale celebrato in duomo. Dall’ultimo dopoguerra tale
eventualità si è verificata soltanto cinque volte.
Nel 2014 non
si è effettuata né la sera della vigilia, né il giorno successivo:
[2] Zenobi, 1995, pag.139
[3] Natalucci, 1985, c.141 e seg.
[4] Zenobi, 1995, pag.170
[5] Archivio storico comunale preunitario di Trevi, 1277-1862 . Inventari a cura di Adalgiso Liberati e Laura Pennoni, reg. 25, 2005. L’archivio comunale non è consultabile perché e in via di perenne sistemazione(2015). Ora nel polo museale nell'ex convento di S. Francesco.
[6]
Sensi 1974; Marchi 2002; Bordoni 2013.
[7]
Kritzinger, 2011, pagg. 36 – 48.
[8] Ibidem, pag.47.
[9] “Fino
ai tempi nostri, una pia leggenda narrava che due pellegrini stranieri
indicarono agli operai il luogo preciso dove trovavasi la tomba del
martire” (Mannocchi, 1875, pag.42). In realtà il rinvenimento fu
assolutamente fortuito, mentre si stavano effettuando dei lavori di
straordinaria manutenzione. La relazione che il soprastante ai lavori
redasse per il vescovo fu trovata e pubblicata dal Nessi – Nessi, 1970
[10] Natalucci, 1985, c. 167
[11] ibidem, c.269
[12] Valenti, 1922, pag. 57 e 58.
[13] Bonaca, 1935, pag.12
[14]
Anonimo, 1963, dal giornaletto ciclostilato del Centro di lettura. Come
si evince da alcuni passaggi, questa ultima descrizione si riferisce ad
un anno particolarmente freddo, quando a causa del ghiaccio sulle
strade, si dovette optare per un percorso ridotto, per evitare strade in
forte pendio.
[15] Zenobi, 1987, pag.70 e 71, sub anno 1791
[16] (Del Ninno, 1988). A pag. 118 si
trova la foto di un bell’esempio di “cereo” della prima metà del ‘900,
rappresentante una falegnameria dell’epoca, portato in processione fino
agli anni ‘70
[17] L’offerta delle arance, data la
preziosità del frutto nelle nostre regioni, ha avuto sempre un
significato gentile e galante. Folgòre da S. Gimignano, in un noto
sonetto “Di Maggio”, così canta dei doni che si scambiavano i giovani
innamorati:
e piover da finestre e da balconi
en giù ghirlande, e 'n su melerance.
[18] Mannocchi, 1875, pag.45, nota
(2)
[19] TCI , Manuale del turista, 1984
e segg. www.folklore.it, Televideo ecc.
Riferimenti bibliografici
Anonimo; 1963; La processione di Sant’Emiliano, in Il Clitunno – Quindicinale del Centro di Lettura di Trevi –Anno III – 31/1/1963.
Bonaca, don Aurelio; 1935; Religione e beneficenza in Trevi, Spoleto.
Bordoni, Stefano; 2013; Trevi comunale: dall'ideologia di appartenenza civica alla strutturazione dell'autogoverno XII-XIV sec. Relazione al convegno: Trevi 800 anni del Comune - 1213-2013.
Del Ninno, Maurizio; 1988; Vescovi, guerrieri e contadini – Umbria, in. AA.VV Le tradizioni popolari in Italia – La festa, a cura di A. Falassi, Electa, Milano.
Kritzinger, Peter;
The cult of Saints and religious
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