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Trevi - Acquedotto del Clitunno
Progetti e discussione: Testo
Don Aurelio Bonaca, Il nuovo acquedotto di Trevi - Ai miei Concittadini, 10/2/1924
IL NUOVO ACQUEDOTTO DI TREVI
Ai miei Concittadini!
Introduzione.
Si
rassicurino i pavidi, non si tratta di una polemica!
Questa volta scrivo per compiere un dovere, poiché
sono convinto che, in mezzo a tante dicerie, il parlare sia un obbligo per
chi crede, come modestamente
credo io, che la costruzione dell'acquedotto sia
una
cosa assolutamente necessaria, di immensa utilità per tutti, senza alcun
aggravio per nessuno. La mia convinzione non è
campata in aria, ma è basata sullo
studio accurato e serio della questione, e quindi maggiore ritengo il mio
dovere di parlare.
So che altri (molto pochi in verità!) pensano diversamente, ma, se sono convinti, compiranno anch’essi, almeno di fronte alla coscienza, il proprio dovere se stamperanno le loro osservazioni, controbattendo, con argomenti alla mano, quanto io espongo in questo lavoro, Chi sa che questa mia povera stampa non possa essere l’inizio di una discussione seria, serena, senza passioni di parte!... Certo non è decoroso approvare la cosa in pubblico e poi andar sussurrando alla sordina tutto il male possibile contro F acquedotto, specialmente poi quando, come ho spesso constatato, non si conosce la questione e non si è avuta la cortesia di leggere neanche il frontespizio del progetto Se la mia parola varrà a far dare alla questione la sua valutazione giusta e a portare la discussione in un’atmosfera di maggiore serenità, avrò compiuto opera veramente utile per la mia Città.
Devo però
fare una dichiarazione, necessaria per tanti motivi. Nessuna preoccupazione
d'indole elettorale mi ha spinto a questo lavoro; tutti sanno come vanno e
come devono andare le cose, e sarebbe quindi follia prefìggersi uno scopo
elettorale.
Né
si creda che dietro di me si nasconda qualcuno
o che io voglia appoggiarmi a qualcuno; anche in
questo
non rappresento che me stesso, e tutto al più, non faccio che riaffermare
uno dei punti principali del
programma
coti
cui la Sezione Trevana del Partito Popolare
si presentò agli Elettori nelle elezioni amministrative
del 1920. Sono adunque a posto!
Detto questo, divido la materia del mio discorso in
tre punti:
1°)
Necessità della costruzione dell'acquedotto;
2°) Progetto dell'Ing. Monte Giamboni;
3°) Spesa di costruzione, di manutenzione e suo ammortamento.
§ I
Necessità
della costruzione dell'acquedotto.
Tutti sono convinti che l'acqua sia una cosa di prima necessità.
Infatti dove c'è acqua potabile in abbondanza, ivi è salute, e dove sta la
salute c'è energia, lavoro e benessere. Nessuno quindi nega la necessità di
dare l'acqua al
popolo nostro, e se interrogate ad uno ad uno i principali avversari della
costruzione dell’acquedotto progettato, vi diranno subito che essi sentono
tutto il dovere di cooperare a risolvere il problema, ma… E qui casca
l'asino! In mezzo alle speciose ragioni da essi escogitate perché
si esamini ancora, si studi, si veda, si cerchi, si modifichi, apparisce
chiaro
lo spavento che può produrre questa domanda: «chi
pagherà le spese?...»
Se la questione si studiasse
bene, nessuna preoccupazione si avrebbe e non si cercherebbe di creare
difficoltà, che fortunatamente però non approdano a nulla.
Ma
prima di rispondere io a quella domanda, voglio dimostrare, con la storia,
come Trevi abbia sempre mancato di acqua e come chi ha presieduto alle sue
sorti si
è in ogni momento preoccupato per risolvere questo grave problema.
Il
documento più
antico riguardante l’approvvigionamento
delle acque si ha nelle Riformanze Comunali del 1393, quando si discusse se
e come poteva utilizzarsi la sorgente detta del Fulcione. Per l'innanzi
l'acqua scendeva a Trevi dalle coste e precisamente dalle fonti dette del
Salcio e della Renacciola. Fino al 1700
(e forse anche oggi) si osservarono avanzi di quell’acquedotto lungo la
strada delle Coste, e di un cisternone
non lungi dall'Orto degli Spiriti.
Quell'acquedotto alimentò
nel 1484 una fontana nei pressi della Chiesa di
S. Caterina, e riceveva anche le acque della Fonte
Veruli e della Fonte del Poggio. L'acqua della fonte del
Poggio passava in mezzo al bosco dei Cappuccini in
un canale fatto
a cassettoni e sboccava nell'acquedotto principale nei pressi della Chiesa
di S. Caterina.
L' acqua
proveniente da queste fonti fu,
forse perché in poca
quantità, abbandonata e nel 1546 l’illustre
cittadino Agostinangelo Natalucci, preoccupato della scarsezza
delle acque, propose invano di utilizzare
di nuovo quelle sorgenti.
Nel
1615 e poi nel 1647 i Padri Cappuccini ottennero di utilizzare, a loro
spese, quell'acqua, con certe date condizioni, ma la storia ci dice che i
buoni Frati perdettero tempo e denaro, data la poca resa, e così
quelle fonti furono per sempre abbandonate da Trevi.
Più importante invece, per quanto mai in grande abbondanza, fu sempre l’acqua proveniente dalla sorgente del Fulcione, che fu portata a Trevi in tempi che non ho potuto precisare. Nel 1433 si unì all'acquedotto del Fulcione l'acqua detta allora del cupo ed oggi chiamata del Carampone, e nel 1472 fu nominata una Commissione per utilizzare quell'acqua e nel 1597 fu il sig. Girolamo Fabri a sostenere a tal fine delle spese. Sembra che nel 1610 si prendesse l’acqua di Fonte Vecchia, allora di proprietà di Girolamo e Marsilio Salvi, cosa che era stata deliberata fin dal 1597. E già fin dal 1488 era stato stabilito di prendere anche l’acqua della Fonte di Nasciano, cosa che non fu mai eseguita, data la penuria dell'acqua stessa.
E
qui cade opportuna un'osservazione, che
è anche una risposta a certi contradittori di oggi. Se nei secoli passati
Trevi cercò di utilizzare anche le più insignificanti sorgentizio è indice
sicuro che il problema dell'acqua è stato sempre sentito ed è rimasto sempre
insoluto. E coloro che parlano di riattamento dell'attuale condotto, di
allacciamenti di sorgenti, devono convenire di essere dei ritardatari,
perché la loro idea fu già attuata dal Comune, il quale, vista 1'
impossibilità di risolvere comunque la questione, stabilì nel 1441 di fabbricare
dei cisternoni « non solo, dice l'illustre storico trevano Durastante
Natalucci, sul riflesso die venendo
guastato l'acquedotto in tempo delle guerre non si penuriasse l'acqua, ma
altresì alla
considerazione
talvolta della
paucità
delle vene
».
Il
primo ad essere costruito fu il cisternone di San Francesco, per il quale il
Papa S, Pio V contribuì
con
106 fiorini e il lavoro costò fiorini tre e mezzo
la pertica,
Nel 1463 si costruì quello della Porta del Lago
con
l'aiuto di cento fiorini del Papa, nel 1486 quello di S. Stefano e nel 1497
quello di S. Fabiano.
Ma
non ostante i cisternoni, come narra il notaio
trevano Ser Francesco Mugnoni nei suoi Annali pag. 61,
nel 1479 e nel 1480
«se
seccò la vena de la fonte che
vene la da Lapigia et le cisterne de Trevi mancorono. Fo de bisogno de gire
per
l’acqua
al fiume. Et più, che uno chiamato Miliano de li fornari con una sua mula
andava al fiume per l'acqua in tre barili, et vendiva la soma uno boligino
et mezo». Qualche cosa di simile dovette avvenire nel 1724, nel qual anno
dice il prelodato Nata-lucci, «dalla grande siccità si assorbirono perfino i
pozzi più profondi». E chi sa quante altre volte il fatto si è
ripetuto, fino all'anno scorso, in cui poco mancò
non
si dovesse andare a prendere
l'acqua, del Cìitunno.
Preoccupato di questo stato di cose, il Comune nei .1521 stabilì
perfino un premio di sei fiorini per chi facesse per proprio conto cisterne
per raccogliere l'acqua
piovana.
I
Trevani furono sempre gelosissimi del loro acquedotto, fino al punto di
dichiarare i Priori del Comune responsabili dei possibili guasti e privarli
in conseguenza del loro salario.
Nel
1547, 1559, 1566, 1585, 1721, ecc. furono stabilite pene severe contro i
danneggiatori dell'acquedotto e nel 1545 si stabilì
la pena della scomunica, cioè la
privazione dei diritti di cittadino trevano, per chi deviasse l'acqua e nel
1584 vi fu aggiunta la multa di quattro scudi.
Nel
1604, 1628, 1632,1638, ecc. furono stanziati trenta scudi all'anno per il
mantenimento dell'acquedotto, per cui la popolazione pagava tasse speciali.
Nel 1563 S. Pio
V diede per
l'acquedotto scudi 350 col patto che il Comune vi spendesse altrettanto.
Grandi spese vi furon sempre fatte, che
è qui inutile elencare.
Tale
è in breve la storia del nostro antico acquedotto, storia che ci sta a
dimostrare come quello dell'acqua sia stato il problema assillante, che ha
tormentato sempre i Trevani attraverso i secoli. E quella storia ci dice
anche come inutile sia sperare di trovare l'acqua sui nostri monti è come
l'acqua dell'attuale condotto
sia stata
sempre
insufficiente
anche quando
la
popolazione era
meno e le esigenze
inferiori.
Si
noti poi che l'attuale condotto
è servito e serve esclusivamente per il capoluogo, mentre invece noi abbiamo
delle Frazioni le quali nell' estate hanno sempre
mancato di acqua e sono state costrette ad andare al fiume o a bere nei
fossi.
Bovara, Matigge, S. Maria in Valle, Parrano anche l'anno scorso bevvero
l’acqua sózza e inquinata del Clitunno. Picciche,
S. Lorenzo e Cannaiola, quando tra poco si saranno
chiusi i pozzi artesiani, dovranno tornare a bere
le acque
putride dei fossi. Ed ecco perché nell'estate abbiamo
molti casi di tifo e di altre malattie infettive.
Date
acqua salubre alle Frazioni e vedrete scomparire le malattie, vedrete
fiorire la salute, il lavoro, la prosperità.
Necessità
adunque assoluta di costruire un nuovo acquedotto che dia acqua abbondante a
Trevi capoluogo e alle sue Frazioni!
§ II
Progetto dell’Ing.
Monte
Giamboni.
Nel
1896 Trevi agitò
il problema dell'illuminazione
elettrica (anche allora quante chiacchiere!) e il
nostro illustre
e valente concittadino Ing. Monte Giamboni presentò a tal fine un suo
progetto, che includeva anche la soluzione completa e definitiva
dell'approvvigionamento delle acque, sollevando quelle delle sorgenti che
sgorgano sotto il tempio del Clitunno. Egli proponeva di utilizzare la forza
idraulica motrice disponibile nel Mulino di Pissignano (circa 50 cavalli
effettivi) per produrre energia elettrica, di notte per l’illuminazione e di
giorno per il sollevamento dell’acqua. Non se ne
fece nulla (quante volte le cose belle e buone non
si fanno!) e si preferì fare un contrattaccio con Spoleto per l'energia
elettrica.
Già
nel 1890 la Società Italiana per condotte d'acqua,
incaricata dal Comune di fare studi e ricerche, propose
il sollevamento delle sorgenti del Clitunno, come
soluzione definitiva.
Alle stesse conclusioni venne il Genio Civile quando se ne occupò
per l'interessamento di S.E. l'On. A. Ciuffelli.
In
tempi diversi il Comune incaricò
dei tecnici, ricorse perfino al rabdomante e nel 1911 tentò un pubblico
concorso, ma, come era prevedibile, cori esito negativo
II progetto dell'Ing. Giamboni rimase sempre
il solo attuabile e come unica soluzione.
Nel
1914, in occasione delle elezioni amministrative, fui proprio io a mettere
per la prima volta in discussione come materia elettorale il problema
dall'acqua potabile per Trevi e Frazioni. L' Amministrazione Valenti, che
venne fuori da quelle elezioni molto movimentate, costruì
pozzi artesiani per Cannaiola, Picciche, e S. Lorenzo, ma non affrontò o non
poté affrontare la soluzione definitiva del problema. Però ad onor del vero,
quell’Amministrazione mostrò di preoccuparsi molto del problema dell'acqua
potabile
Nelle ultime elezioni Amministrative del 1920, nel programma con cui i miei amici si presentarono agli elettori, era incluso anche questo: «Acqua potabile a Trevi e Frazioni». Molte interpellanze (11 gennaio, 20 aprile, 22 settembre 1921, ecc.) presentarono essi al Sindaco, il quale nella seduta dell'11 gennaio 1921 aveva riferito che l’Ing. Giamboni domandava, con una delicatezza senza pari, se dovesse o no compilare il progetto per l’acquedotto, secondo l’incarico avuto dall’Amministrazione Valenti. Fu stabilito chiedere non il progetto esecutivo, ma il progetto di massima!...
Finalmente
il 15 marzo 1922 il Consiglio Comunale nominò
una Commissione (da cui si volle escludere la mia
persona) per esaminare il progetto di massima presentato
dall'Ing. Giamboni fin dal 21 Agosto 1921; quella
Commissione che risultò composta dai Signori: Cav. Carlo Petrucci, Conte
Dott. Tommaso Valenti, Perito Leonangelo Natalini, Giulio Cerquiglini, Dario
Zenobi e
Francesco
Catalucci,
consacrò in una
relazione la
necessità
della
costruzione dell’acquedotto.
Ma poco dopo i Popolari se ne andarono dal Comune e nessuno parlò più in
Consiglio del progetto dell’acqua potabile.
II
1 marzo 1923 successe all’Amministrazione Comunale il Commissario
Prefettizio Sig. Cav. Asterio Agostinucci, al quale si rivolsero subito i
migliori cittadini, le Direzioni di vari partiti politici e di organizzazioni
di classe prospettando la necessità
improrogabile di addivenire alla costruzione del nuovo acquedotto.
II
Cav. Agostinucci studiò
subito il problema, ne
comprese l’importanza, e convintosi che cercare
altre
soluzioni sarebbe equivalso a perdere tempo e quattrini,
diede l’incarico all’Ing. Giamboni di redigere il
«Progetto
esecutivo del nuovo Acquedotto del Clitunno»,
e con vero amore, con una solerzia senza pari, con una energia ammirabile si
diede a disbrigare tutte le pratiche del caso.
In
pochi mesi il Cav. Agostinucci ha fatto il miracolo di ottenere tutte le
approvazioni necessarie,
di assicurare il denaro occorrente, di fare l’acquisto delle sorgenti e di
iniziare i lavori e noi dobbiamo essergliene veramente grati. Né
si deve credere che il
Cav. Agostinucci abbia agito con precipitazione; chi ha seguito da presso,
come me, lo svolgersi della questione, sa come prima e dopo dell’incarico
all’Ing.
Giamboni egli ha inteso il parere di tecnici di
gran
valore, ai quali anche ora sottopone man mano le critiche che i vari
idrografi improvvisati vanno facendo. Del resto della bontà del progetto
deve assicurarci il fatto che il Consiglio di Prefettura, il Genio Civile,
la Giunta Provinciale, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici hanno dato
la loro approvazione, e credo, se i contradittori me lo permettono, che
quegli Enti siano composti da gente che capisce qualche cosa!
Ed
ecco in che consiste il progetto Giamboni.
Sotto il Tempio del Clitunno vi sono tre sorgenti di
acqua risultata eccellente dall'analisi fatta nel 1894
per cura del Municipio di
Perugia, e dall'altra analisi ordinata dal Cav. Agostinucci l’8 giugno 1923,
presso il Laboratorio della Sanità
Pubblica in Roma.
Infatti la temperatura
è di circa 10°, il residuo solido a 110° è di 0,192 per litro, la durezza
totale in gradi francesi è di 15,2, mentre invece l'acqua del vecchio
acquedotto è carica di calcare e molto dura, raggiungendo i 30 gradi
francesi
Quelle tre sorgenti verranno allacciate mediante una galleria e raccolte in
una camera, sopra la quale saranno poste le pompe che spingeranno l'acqua
nelle conduttura La quantità
d'acqua da sollevare è fissata in
metri cubi 500 al giorno, ma le sorgenti ne danno molta di più, cioè
ne danno litri 147 al minuto secondo, mentre per l'acquedotto progettato ne
occorrono soltanto sei
Le
prescrizioni del Ministero stabiliscono come necessario un litro di acqua ai
minuto secondo per ogni mille abitanti, e siccome gli abitanti di Trevi e
Frazioni sono 6339, ne segue che basta prendere sei litri di acqua al minuto
secondo e non di più.
Però ciò non toglie che
in seguito o quando fosse necessario, si possano
prendere anche tutti i 147 litri che le sorgenti danno in ogni minuto
secondo.
Tutta l'acqua viene portata a Trevi, a quota 450,25 e da qui distribuita al
Capoluogo e a tutte le Frazioni, quali Malborghetto, S. Maria in Valle,
Parrano, Casco dell'Acqua, S. Donato, Matigge, S. Nicolò, Colle Alto,
Alvanischio, Fondaccio, Pigge, Cannaiola,
Picciche e
S. Lorenzo.
Ho
inteso dire che qualcuno, proprio in questi giorni, s'
è messo a sostenere che sia meglio portare tutta l'acqua a Borgo e di lì
mandarla al Capoluogo e alle Frazioni. Suppongo si tratti di uno scherzo,
poiché altrimenti bisognerebbe dire che la peregrina idea abbia un unico
scopo dilatorio. L'Ing. Giamboni, nella sua chiarissima
Relazione, dice che dai calcoli di confronto delle
varie
soluzioni, quello di portare tutta l'acqua a quota 450,25
è risultato essere il sistema migliore, perché
così si
semplificano l'impianto e l'esercizio e si risparmia molto nella spesa.
Tutto ciò è ben delucidato non solo,
come ho detto, nella Relazione, ma anche nel
Progetto
dell'Ing Giamboni, l'una e l'altro tenuti, fino a pochi giorni fa, in
Municipio a disposizione degli uomini di buona volontà.
La
forza necessaria per azionare le pompe, cioè
per spingere sei litri di acqua al minuto secondo a 230 metri di altezza è
di trenta cavalli effettivi.
§ III
Spesa e
suo ammortamento,
É
questa la parte che più
interessa specialmente gli avversari dell'acquedotto ed è il punto che
bisogna esaminare con maggiore serenità e senza preoccupazioni e
preconcetti.
L'importo totale della spesa per l’opera completa,
comprese espropriazioni, spese tecniche, generali ed impreviste
è di due milioni e centomila lire. Nessuno si spaventi e nessuno tema di
dover vuotare il portafogli.
Il
Sig. Commissario, Cav. Agostinucci sta per ricevere
il decreto che autorizza il prestito da estinguersi
in cinquant'anni senza pagare un centesimo d'interessi. Dividendo la somma
di due milioni e centomila lire in 50 rate, si hanno L 420 all'anno,
somma che qualunque modesto Comune potrebbe affrontare con le sole entrate
ordinarie; E questo tanto più lo potrebbe
fare Trevi, la quale, dopo il riordinamento fatto
dal Commissario Cav. Agostinucci, ha un bilancio (come
si è visto dalla Relazione Commissariale distribuita in
stampa proprio in questi giorni) in piena
attività, con
un sopravanzo di quasi centomila lire annue.
Ma
anche se le Amministrazioni che si succederanno non sapranno mantenere tanta
floridezza di Bilancio, il
Comune
di Trevi può
serenamente attendere
l'estinzione
del mutuo da quello che l'acquedotto renderà.
Il Cav. Agostinucci, al quale
mi sono rivolto, mi ha gentilmente mostrato, come lo ha mostrato a chi ha voluto
vederlo, questo riassunto delle spese, che del resto
sono
previste
con grande
larghezza e sono quindi
suscettibili di economie non
indifferenti :
1°
Ammortamento annuo del mutuo L. 420
2°
Spese d'esercizio:
Forza motrice
L.
80
Personale (due tecnici,
fontanieri ecc)
L.
100
Manutenzione
L.100
3°
Spese di amministrazione e sorveglianza
L.
50
Sommano le spese annue a L. 75 000
Supposto che dei 500 metri cubi di acqua sollevati giornalmente se ne
vendano soltanto 200, si ha che alla fin d'anno si vendono 730 metri
cubi, e supposto che ogni metro cubo di acqua si faccia pagare una lira, ne
viene che il Comune ricaverà
L. 730. Se si pensa che fino ad ora, per l'approvvigionamento dell'acqua,
il Comune
ha speso in media L. 80 all'anno, ognuno
vede come con la costruzione del nuovo acquedotto si viene subito a
risparmiare. È chiaro poi che dopo i 50 anni, l'acquedotto sarà per il
Comune di una attività non indifferente,
Si
dirà
che il ragionamento è basato sull' ipotesi che
si vendano 200 metri cubi di acqua al giorno e non
sulla realtà. Ciò è vero, ma 1' esperienza insegna
che,
quando se ne ha la possibilità, non c'è nessuno che rinunci ad avere in casa
una presa d'acqua potabile. Sono dei tempi nostri le costruzioni degli
acquedotti di Campello e di Montefalco; sembrava allora che quei
Comuni facessero una spesa pazza, mentre oggi le
loro Amministrazioni vanno cercando altra acqua, perché quella condottata è
divenuta insufficiente e sembra certo che Montefalco ne prenderà parte dal
nostro acquedotto per le Frazioni di Fabbri, S. Luca, Fratta, Madonna della
Stella. Se in tutte le città e paesi, la maggioranza
della popolazione prende in casa l'acqua potabile, quando questa c'è,
non si comprende come a Trevi dovrebbe
avvenire diversamente II supporlo significherebbe
avere un concetto troppo basso del popolo nostro!
Certo tutto questo non si avvererà
il primo anno di esercizio, ma lo vedremo ben presto divenire una realtà.
Conclusione.
Fautore e sostenitore da lunga data dell'esecuzione dell'acquedotto
Giamboni, salutai con gioia il principio dei lavori e fui felicissimo che
per un caso fortuito fossi proprio io destinato a benedire, come Sacerdote,
la prima pietra, alla preserva delle Autorità.
Credevo che tutti i Cittadini fossero lieti per il grande avvenimento
dell'inizio dei lavori, ed è con vero dolore che ho constatato il sorgere e
il mantenersi di opposizioni ingiustificate.
Il popolo però, sempre dotato di buonsenso,
non raccoglie le dicerie, [non segue i pochi oppositori e attende che in
breve l'acqua del Clitunno scorra benefica ad allietare il Capoluogo e le
Frazioni. E il popolo nostro, se ne convincano
tutti,
non permetterà mai che i lavori siano interrotti e che l'acquedotto non sia
eseguito o sia semplicemente ritardato!
Io
credo che favorire e difendere l'attuazione del
progetto Giamboni, il
combattere difficoltà
e idee messe innanzi a solo scopo dilatorio, sia dovere sacrosanto non solo
di tutti i partiti politici e di tutte le organizzazioni di classe, ma deve
essere l'azione comune di quanti amano la nostra cara Trevi di vero cuore e
non soltanto a chiacchiere!
Trevi, 10 Febbraio 1924.
prof. D. AURELIO
BONACA
Foligno, Reale Stab. F. Salvati - 924
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