L'abitato di Trevi e le frazioni collinari e montane
hanno sempre sofferto di penuria di acqua, alla quale si è cercato di sopperire
in vario modo. In quasi tutte le case del centro storico c'erano
cisterne per il recupero dell'acqua piovana e ancora si possono annoverare molte
cisterne private e pubbliche. In ogni tempo si è cercato di curare le povere ma
preziose sorgenti naturali e probabilmente sin dai tempi remoti si sarà tentato
di portare la scarsissima acqua di sorgente fin dentro l'abitato o almeno a
ridosso delle mura.
L'acquedotto medievale
si può far risalire alla metà del 13° secolo. Con un tracciato in leggero pendio
lungo circa 4 km, a tratti scavato nella viva roccia, trasportava l'acqua dalla
sorgente di Fulcione (o Falcione
come dicono alcuni cervellotici innovatori) fin dentro Trevi. É una pregevole
opera di ingegneria medievale. Ha funzionato fino agli anni '50 del Novecento.
L'acquedotto del
Clitunno, terminato nel 1928, ha
portato abbondante acqua di buona qualità al centro storico e alle frazioni
della collina e del piano. Per vari mesi, durante il periodo bellico cessò di
funzionare per mancanza di energia elettrica e manomissione della centrale di
sollevamento. Fu potenziato nei primi anni Cinquanta con una manutenzione
straordinaria della prima parte della condotta e con l'istallazione di pompe più
moderne e di maggiore portata. Successivamente furono poste in opera due nuove
linee di distribuzione: dal serbatoio (fontanone) di Trevi capoluogo
fino alla frazione di Coste e dal serbatoio di S. Maria in Valle fino a
Manciano.
L'acquedotto di Rasiglia,
(progettato dal benemerito concittadino Filippo Arredi, maestro indiscusso di
"costruzioni idrauliche") realizzato per rifornire il comune di Montefalco, ha
una "bocchetta" nei pressi di Cancellara e rifornisce "per caduta", e quindi
senza l'impiego di costosa energia elettrica, le frazioni di Manciano e
Matigge.