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La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime

 

XIX     LE OPERE D'ARTE MINORI


3°).   LE TAVOLETTE VOTIVE

 

 

(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclée, 1928 - pagg. da 278 a 284)

[ I numeri in grassetto  tra parentesi acute <  > indicano le pagine del volume originale. Le parole divise a fine pagina sono trascritte interamente nella pagina in cui iniziano]

 

 

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Quando, dopo la prima manifestazione della miracolosa imagine, i fedeli accorsero in gran numero ad invocare l'aiuto della nuova protettrice, non sembrarono vane le ingenue e ferventi manifestazioni della loro fede; e di miracoli e di grazie si parlò a Trevi e fuori;

 
 
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la voce si diffuse e il buon cronista Mugnoni ce ne lasciò la memoria (1).

Era naturale — ed era anche consuetudine — che i fedeli volessero lasciare presso l'imagine miracolosa il segno tangibile della loro gratitudine, a loro conforto, ad esempio ed incoraggiamento degli altri sofferenti. Era anche qui un'antica tradizione pagana, quella delle «tabellae pictae» (2), che si ripeteva e diveniva cristiana.

Col tempo anche nella nostra chiesa il numero delle tabelle votive si accrebbe grandemente; ma i secoli e gli uomini insieme gareggiarono nel distruggerle e nel disperderle. Con tutto ciò al principio dell'800 se ne contavano ancora un centinaio (3). Erano appese alle pareti laterali dell'altare maggiore. Ma fino da allora (1837) erano già quasi tutte in cattivo stato. Alcune di esse erano dipinte ad olio, altre a tempera, sù carta, applicata sù tavolette di legno (4).

Il Bartolini ci ha lasciato speciale memoria di una di queste tabelle sulla quale era dipinta, oltre all'imagine della Madonna col Bambino, anche la figura del devoto, un tale Corufito, da Norcia, vestito di toga. «Si legge in questo quadretto un' iscrizione che interessa del pari alla medicina ed alla morale». Ma quale fosse questa interessante iscrizione non sappiamo; poichè il Bartolini non la trascrisse e la tavoletta è scomparsa. In ogni modo è utile rilevare come anche quel nostro studioso concittadino avesse rivolta la sua attenzione a queste minuscole opere d' arte, delle quali apprezzava certamente l'importanza storica ed artistica. Ma il male si è che queste richiamarono anche l'attenzione di qualche disonesto competente, che ne fece sparire le migliori; mentre l'incoscienza degli altri lasciava deperire le superstiti. Onde bene si provvide quando le ultime rimaste — poche in verità — furono pietosamente ricoverate nella Pinacoteca Comunale.

Il Bartolini ci dice che, ai suoi tempi, alcune copie di questi quadretti erano andate già «ad abbellire le gallerie di Francia e di Germania». Dio non voglia — dico io — che non le copie soltanto,

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(1) Cfr: sopra, pag. 25.

(2) Nunc Dea, nunc succurre mini; nunc posse mederi Picta docet templis multa tabella tuis. (Tibullo).

(3) Bartolini C. Cenni storici delle pitture classiche di Trevi. Pag. 17, 23 n. 7.

(4) Gaetano Moroni nel suo Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica cita come unico esempio di tavolette votive queste della chiesa delle Lagrime (Vol. CII, pag. 1427 - Vol. LXXX, pag. 55).

 


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ma gli originali stessi abbiano presa quella via! Tanto più che — come dice il Bartolini — quei quadretti erano ritenuti opere del Perugino e dello Spagna; quindi sarebbe più che mai interessante poterne rintracciare qualche esemplare. Ma, intanto, mi reputo fortunato di potere, per la prima volta, offrire all'esame degli studiosi le riproduzioni di alcune delle tabelle che ancora ci restano e che scelsi tra le migliori e le più conservate.

Di una di esse (Fig. 57) ci lasciò memoria lo stesso Bartolini con queste parole: «Fra quelli [quadretti] dipinti ad acquarello più vistoso dei compagni sembra quello che rappresenta la Madonna delle lagrime, dipinta in alto nelle sue solite forme, ai piedi della quale si vedono prostrate due belle e vaghe giovani, la prima delle quali nell'estremità dei bracci [sui polsi] che mostra ignudi, par che serbi le macchie e le impronte della sofferta peste bubbonica. Entrambe sono elegantemente vestite e la morbidezza del panneggio delle loro vesti eguaglia assolutamente la bellezza del disegno delle loro fisonomie, delle parti tutte che si vedono scoperte, di tutte le loro persone, insomma. Sotto l'imagine di Maria Santissima sono scritti questi versi:

 

LAUDE AD TE, REGINA IMMACULATA

CHE DALLA PESTE CI AY DELIBERATA (sic)).

 

Ed in fondo al quadretto si legge:

DI MONNA BRISIDA DE MATICOLO ET LA SUA FANTESCA» (1).

Queste le ingenue parole del Bartolini, che ho voluto testualmente riprodurre, per lasciare a lui il merito di avere per primo intuito e segnalato l'interesse di queste tavolette. Nulla aggiungo alla descrizione che egli ne fa. Osservo che questa, come le altre tabelle, merita di essere studiata anche per quanto riguarda le foggie del vestire.

Circa l'epoca nella quale questa tavoletta può essere stata dipinta, credo non andare errato fissandola agli ultimi anni del '400 od ai primi del '500; e ciò perché nel 1485, 86, 93, 99 e nel 1509 a Trevi, come altrove, infieriva la peste. Basta consultare gli atti notarili

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(1) Op. cit., pag. 24.

 


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e consigliari dell'epoca, per trovare documenti in abbondanza (1).

* * *

La seconda delle tabelle qui riprodotte (Fig. 58) rappresenta un giovane di civile condizione — come dimostra il suo vestito —  ferito da un «verrettone» al naso. Ferita grave e pericolosa, naturalmente, specie in quei tempi di scarse risorse chirurgiche e terapeutiche, dalla quale il malcapitato si credé miracolosamente guarito; ond'egli in ginocchio ne ringrazia la Madonna delle Lagrime che — in atteggiamento assai diverso da. quello dell' imagine venerata sull'altare — comparisce tra le nubi e col bambino al suo fianco sinistro.

Anche questa tavoletta è condotta con molta eleganza. L' iscrizione in basso — leggibile solo in parte — dice:

 

 ... DE PATRIARCHA ET P[ER] GRA[TIA]

DELLA NOSTRA DONNA FO CAMPATO

 

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(1) È difficile dire che cosa possa essere stata la «pestis» degli antichi. «In molti casi sarà stata peste bubbonica; ma senza dubbio il termine (pestis) era usato anche per altre malattie epidemiche cagionanti una forte mortalità».. In tale incertezza della scienza, questa nostra tavoletta votiva sta a dimostrare che quella che infieriva a Trevi era proprio la peste bubbonica, di cui le adeniti, o bubboni, sono una delle caratteristiche. Secondo l'autore da cui desumo queste notizie, nel 70% dei casi il bubbone si manifesta all'inguine, più spesso dal lato sinistro. Ma qualche volta comparisce simultaneamente in differenti parti del corpo. (Patrick Manson. Manuale delle malattie dei climi caldi. Milano, Soc. editrice libraria, 1911, pag. 222, 235, 236). Si può così spiegare come il pittore che eseguiva questa tavoletta, segnasse i bubboni sull'avambraccio.

A titolo di curiosità metto qui la definizione e la cura del bubbone, come le trovo in un frammento di un trattato di chirurgia, della fine del '200 o dei primi del '300, contenuto in una pergamena usata come copertina di un protocollo di atti del notaio Valente Rainaldoni, di Montesanto di Spoleto (1330-1332) nell'Archivio notarile di Trevi. E dice: «Bubo est dura, magna et profunda aggregatio materiei, expulsae a membris principalibus, cum caliditate adhurente. Curatio ergo eius, sicut jam dictum est, est ut ante omnia corpus mundificetur et regimen subtilietur et minoretur. Evacuatio, quando facienda est per solutionem ventris et flebotomia, convenit ut fiat flebotomia de vena basilica manus oppositae. Deinde ad locum revertaris et administra resolutiva mollificantia. Et aliquando oleum tepidum resolvit ipsunt et mitigat eius dolorem; aut fiat embrocatio ex oleo et farina ordei. Et non obstat ut administretur repercussivum omnino ne materia redeat ad membra principalia et fiat causa maioris nocumenti» etc:. Dicano i clinici quanto possano essere stati utili questi così semplici mezzi curativi! Vero è che in fine del trattato si consiglia l'intervento chirurgico: «Perforetur locus, perforatione rotonda ... et curetur donec sanetur». Salvo ricorrere alle cauterizzazioni ed a rimedi più energici, se la cura non è stata sufficiente: «Administra cauterium seu medicamentum acutum».

 


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* * *

In un'altra tabella Fig. (59) è un sacerdote, che con un ginocchio a terra e le mani giunte e nascoste a metà in una berretta, ringrazia la Madonna di averlo liberato dalla «sciatica» che lo tormentava. Di fatti si legge al di sotto delle figure questa iscrizione in bei caratteri:

[DO]NNO. MARCO. DE. MARRETA. DA

[BE]ROITU (1). AMALATV. DE SIATICHA. RECOMA

NATOSE. A. SAN[CTA]. [M]ARIA. DE LE. LAGRIME. E

FO. LIBERATU.

Qui è da osservare anche la foggia del vestire dei sacerdoti di quei tempi; assai modesta e corretta in verità mentre poco tempo più tardi anche il vestire dei preti era diventato così arbitrario e mondano, da rendere necessari energici provvedimenti da parte del papa. Fu, infatti, Paolo III che impose ai chierici beneficiati l'obbligo di portare la veste lunga fin presso il tallone.

* * *

L'ultima delle tabelle qui riprodotte (Fig. 60) è  di particolare interesse, oltre che per le ragioni addotte per le precedenti, anche perché in essa abbiamo la prova definitiva e visibile che nella «maest» dipinta sulla parete della casa di Diotallevi d'Antonio Santilli, non era rappresentata soltanto la Madonna col Bambino — come attualmente si vede — ma insieme a queste era anche l'imagine di S. Francesco. E il presente, minuscolo, ma indiscutibile documento iconografico ci conferma quanto il cronista Mugnoni scriveva (2).

Dinanzi alle tre divote imagini sono genuflesse due donne con una bambina; tutte e tre in veste scura, forse in lutto. Le prime col capo coperto da un piccolo manto bianco, che giunge fino all'omero; mentre la bambina è a capo scoperto, ed i lunghi capelli le scendono sulle spalle.

Un cartello, al di sotto delle imagini, porta questa scritta:

 

 

FABRITIA DE STEFANO DE MAN-

CIANO (3) AVENDO LA PESTE IN

CASA ET ABUTITASE (4) A QUESTA

NRA DOPNA DEVOTAME‑

TE E FO DELIBERATA ELLA CON

DOI FIGLOLI (sic) DA TATO PERI

COLO. [149]9.

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(1) Beroide, castello del comune di Spoleto.

(2) Cfr. sopra pag. 27.

(3) Frazione del comune di Trevi.

(4) Abutitase: fatto voto.


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Questa tavoletta è macabramente illustrata da un episodio che traggo da documenti dell'epoca.

Nel Giugno 1499 era morta di peste a Manciano di Trevi una Giovannina, moglie di un Martino di Stefano. Il cadavere restò più  giorni insepolto in casa, dove altri erano malati di peste; e non si trovava chi volesse portar via la morta!

Finalmente una donnetta — Presenilla, vedova di Agostino Egidi, da S. Maria in Valle, frazione del comune di Trevi — mossa a compassione per le preghiere di quei di Manciano (precibus et meritis, dice il testo!) si offre di portar via il cadavere, pur sapendo di rischiare la vita. E ciò oltre che per il compenso sperato, anche per fare opera di misericordia. Di più si obbliga di andare a servire ed abitare in casa di Stefano, finché ivi saranno malati di peste (1).

Ed è a credere che quella pietosa donna adempiesse fino alla fine il suo pericoloso e caritatevole dovere, seppellendo la morta (2) ed assistendo i malati, fino a che il contagio non fosse scomparso da quella disgraziata famiglia.

Ma non tutti in quella casa morirono. Le superstiti, Fabrizia di Stefano e le due figliuole, furono quelle che offrirono alla Madonna delle Lagrime questa documentata e documentaria tabella votiva; sulla quale mi è parso utile intrattenermi alquanto a lungo, non essendo facile trovare documentazioni storiche per questo genere di opere d'arte, che si riferiscono per lo più a fatti d' interesse individuale, anche se hanno origine da pubbliche calamità

 

* * *

Con questo piccolo saggio di riproduzioni di tavolette votive spero aver portato un qualche contributo — oltre che alla storia della nostra chiesa e dell'arte locale — anche allo studio di questa originale ed interessantissima manifestazione dell'anima popolare; attraverso la quale ci è dato intravedere e scoprire particolari notevoli

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(1) Archivio notarile - Trevi - To. 80, f. 17 L Rogito di Francesco Mugnoni, 24 Giugno 1499

(2) La spesa per seppellire i morti di peste è così annotata in un frammento di un libro di conti del 1523, circa, scritto di mano del notaio trevano Vincenzo Valenti: «Denari de Scacchitto: ... Tomasso de casa matta perché lui li à seppelliti cinque morti; cioè: 10 fiorini e spese fatte 3 fiorini = fiorini 13?. (Archivio notarile- Trevi - To. 577, in principio). I morti si seppellivano nelle chiese: possibilmente; se no, dove capitava: «ubi Deo placuerit», dispone nel suo testamento fatto sotto la minaccia della peste, un Antonio Pierbartolomei, di Mercatello, il 16 Decembre 1525. (ivi To. 579. Rogiti del suddetto, f. 116 t.).

 


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di usi e costumi, che inutilmente spesso cerchiamo in altre fonti, anche di maggiore importanza. E ciò tanto più perch la letteratura su questo argomento delle tabelle votive è tutt'altro che copioso; starei per dire: nullo. Numerosi furono gli scrittori che si occuparono delle tabelle votive dei tempi pagani; ma non altrettanto può dirsi per quelle del culto cristiano, quantunque il materiale non scarseggi nei santuari d'Italia (1).

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(1)  Sono rare ed interessantissime, tra le altre, le piastrelle votive che si vedono sulle pareti della chiesa di S. Maria dei bagni, presso Deruta (Perugia). Sono 484 e provengono dalle locali antichissime fabbriche di terre cotte invetriate. (Cfr. L. Fiocca. La chiesa di S. M. d. b. presso D. in «L'Unione liberale» di Perugia, 15 Decembre 1922, N. 287). Importanti e ricche raccolte di tavolette votive sono, per esempio, nelle chiese di S. Maria del Monte, a Cesena; di S. Nicola, a Tolentino; della Madonna delle grazie, a Rasiglia, presso Foligno, etc:.

 

 

 

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(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclée, 1928 - pagg. da 278 a 284)

 

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