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La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime

XVIII     I MONUMENTI SEPOLCRALI

8°). MONUMENTO DI BENEDETTO VALENTI
 E FELICITA PETRELLI

 

 

(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclée, 1928 - pagg. da 269 a 273)

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Anche questo monumento (N. 20 della pianta e Fig. 53) tutto in calcare tenero, si presenta solenne e severo nella purezza delle sue linee.

E' il più grande tra tutti i monumenti di questa chiesa, misurando m. 8,35 X 4,10. E' il più antico tra tutti, e — quantunque non carico di decorazioni scultorie — reca l'impronta del buon secolo nel quale fu eseguito.

Nell' insieme ricorda quello di Romolo Valenti, che è all'altro lato della porta principale.

Lo zoccolo poggia sopra il gradino che corre tutt' intorno alla chiesa. Una targa assai semplice porta l' iscrizione, che qui appresso riprodurrò.

Sulle basi delle colonne laterali sono gli stemmi Valenti a sinistra, e Valenti-Petrelli a destra. Le colonne d'ordine dorico, sorreggono il cornicione. Su di questo poggia l'arco della lunetta, che è fiancheggiato da due lesène decorate a colori alla pompeiana, su fondo bianco. Il monumento si chiude con un timpano, forse poco sviluppato, nel quale è dipinto Dio Padre; mentre nello sfondo della lunetta è dipinta la Trasfigurazione di N. S.

L'urna sepolcrale occupa la parte di centro. La parete dietro l'urna è decorata a grotteschi su fondo rosso scuro. Tutta la parete circostante è ricoperta da affreschi, di mano di un Angelucci, che però  
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si addimostra migliore di quello che ha decorato il monumento precedente a questo (1).

Due genietti funerarii sono ai lati, in basso; sopra di essi, le figure di quattro profeti occupano il poco spazio disponibile; e tra le figure di questi — da ogni lato — sono interposte quelle della Carità a destra e della Giustizia a sinistra.

Sopra il timpano, campeggia nel mezzo la figura di una Fama, che reca in ciascuna mano una tromba ornata di ali alle estremità Due Profeti ed otto putti fiancheggiano questa figura simbolica. Tutto l'insieme termina con lo stemma della famiglia, presso il quale sono altri due putti; e sulla cima apre le ali una Fenice araba.

Questo lavorio di pitture — nelle quali l'artista ha utilizzato la Bibbia e la mitologia — nulla aggiunge ai pregi artistici ed alla serietà del monumento. Onde è quasi lecito domandarsi se non sarebbe stato meglio risparmiare tanta fatica! Ma rammentiamoci che il Seicento era vicino!

Le iscrizioni sono queste:

Sull' urna:

OSSA

BENEDICTI VALENTI ET FELICITAE PETRELLAE
CONIUGUM CONCORDISSIMORUM

Sullo zoccolo:

D. O. M.

BENEDICTO VALENTI FISCI APOSTOLICI PROCURATORI
PERPETUO VIRO INCORRUPTO FELICITA PETRELLA
ROMULUS.
REMULUS. MONTES. FAUSTUS. ET QUINTUS
CONIUGI ET PATRI BENEMERENTI POSUERE VIXIT AN LVII
MENS. V. DIES XVIII.
FISCI CAUSAS SUB CLEMENTE VII
ET PAULO III MM. PP. CURAVIT ANNIS XIII SINE QUERELA
OBIIT ROMAE NON. QUINTILIES
MDXLI (2).

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(1) U. Gnoli, in «Pittori e miniatori dell' Umbria». Spoleto (Argentieri. s. a. ma 1923), attribuisce queste pitture a Fabio Angelucci. Questi lavorava a Trevi nel 1568; il monumento di cui mi occupo è del 1552, circa. Quello precedente, di Monte Valenti, è posteriore al 1588. Difficile quindi, precisare, quale degli Angelucci abbia lavorato qui. Il Sordini, in: «Giovane Umbria» , (Spoleto, Gennaio 1909) erroneamente scrive essere due i monumenti decorati dagli Angelucci in questa chiesa.. Vedemmo essere, invece, tre.

(2) Ossa di Benedetto Valenti e di Felicita Petrelli, coniugi concordissimi.

A Dio Ottimo Massimo — A Benedetto Valenti Procuratore perpetuo del Fisco apostolico, uomo incorrotto — Felicita Petrelli, Romolo, Remoto, Monte, Fausto e Quinto —  posero al consorte ed al padre benemerito. Visse 57 anni, 5 mesi, 18 giorni. Sostenne i diritti del Fisco sotto Clemente VII e Paolo III pontefici massimi per 13 anni — senza rimproveri, Morì a Roma il 7 luglio 1541.


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È qui sbagliata l'età in cui dicesi morisse Benedetto Valenti. Egli nacque — come lasciò scritto nel suo testamento — il 2 Aprile 1486. Perciò quando morì aveva 55 anni, 3 mesi e 5 giorni.

Il monumento racchiude le salme dei due coniugi. Ma la vedova sopravvisse al marito. Infatti Benedetto Valenti morì in Roma il 7 Luglio 1541, mentre la sua consorte moriva a Trevi il 23 Novembre 1550.

A precisare la storia di questo monumento è necessario sapere che il Procuratore fiscale, Benedetto Valenti nel testamento, già citato (1), che egli scrisse di suo pugno per intiero in ottimo latino, in data 10 ottobre 1533, tra le altre lasciava queste disposizioni: «Dovunque io dovessi morire, prego te mia diletta consorte, e voi miei figliuoli, che, se la cosa non sarà difficile, facciate murare il mio cadavere nella chiesa della Madonna delle Lagrime, nella parete presso alla cappella da me costruita, ossia eretta, a mie spese» (2).

Ora avvenne appunto che il Valenti morisse in Roma, dove esercitava il suo altissimo ufficio. Come e perché la vedova ed i figliuoli non dessero subito esecuzione alla volontà del padre, non saprei dire. Forse volevano essi, quantunque il defunto non l'avesse domandato, provvedere prima alla erezione di un decoroso monumento. Sta in fatto che il cadavere del Procuratore fiscale fu trasportato a Trevi soltanto undici anni dopo la sua morte. Il 27 Maggio 1552 il cardinale Camerlengo, Guido Ascanio Sforza, rilasciava a Romolo Valenti ed ai suoi fratelli il lasciapassare (litera passus) per il cadavere del loro genitore, che un mulattiere trasportò a Trevi (3).

A quell'epoca era già morta anche la vedova di Benedetto Valenti; ed i figli affettuosamente vollero uniti anche nella tomba i loro genitori; i quali in vita avevano dato tanto imitabile esempio di concordia coniugale, che i superstiti vollero lasciarne memoria anche nel marmo, sul quale non seppero scrivere migliore elogio dei loro cari se non quello di «coniugi concordissimi».«Osservo di passaggio che il ricordo dell'armonia regnata tra coniugi si volle tramandata ai posteri fino dai tempi più remoti. Nelle stesso Catacombe di Roma troviamo iscrizioni nelle quali i mariti superstiti elogiavano le consorti perdute, con le quali vissero «bene

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(1) Cfr. sopra, pag. 220.

(2)Arclivio Valenti - Memorie etc. - To. VIII.

(3) Archivio segreto pontificio — Arm. XXIX  — To. 171- f. 102

 


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sine ulla querella» o «semper concordes». Alla sua compagna estinta un marito non sa dir di meglio che «vixit annis XL in pace mecum» (1). E la tradizione si è perpetuata sino ai tempi recenti. Onde il ripetersi di tale elogio, richiamò l'attenzione di un epigrafista, che, mentre nella chiesa di S. Maria del Popolo a Roma sulla tomba di Gaspare Celi, guerriero, matematico, pittore, poeta, architetto scriveva che il defunto visse «sine querela coniunctissime» per quarantacinque anni con la sua metà osservava poi filosoficamente «sed quod raro contingit» (2). È, dunque, di una rara virtù che il monumento di Benedetto Valenti ci conserva la memoria e l'esempio.

 

* * *

 

Ma non fu questo la sola dote di quell'uomo, del quale mi propongo trattare diffusamente altrove. Qui accenno di volo che Benedetto Valenti era nato a Trevi il 2 Aprile 1486. Si addottorò in legge all' Università di Perugia. Fu governatore di più città dell'Umbria e delle Marche. Nel 1528 fu da Clemente VII nominato Procuratore fiscale; carica di grandissima importanza e molto lucrosa, poiché si può affermare che quasi tutti gli affari della Camera Apostolica — che è quanto dire della Santa Sede — fossero civili, o penali, o amministrativi, passassero per le mani del Procuratore fiscale.

Tenne egli questo ufficio per 13 anni, dal 1528 al 1541 sotto Clemente VII e Paolo III. Morì in fresca età rimpianto da tutti per le sue doti eccellenti. Infatti compì il suo dovere con gravità e rettitudine. Innumerevoli documenti dell' Archivio segreto pontificio e di quello di Stato in Roma sono prova evidente dell'attività e della dirittura morale di questo cittadino trevano, che ebbe la grande fortuna di vivere a Roma insieme ad una pleiade di uomini grandi ed illustri nella politica, nelle arti, nella gerarchia; con i quali — incominciando dai due papi nominati — egli fu in rapporti personali di reciproca stima e considerazione. Onde ebbe l'onore di ospitare più d'una volta papi, cardinali, principi e gentildonne di alta stirpe nelle sue case di Trevi. Carlo V l'onorò di una sua amichevole lettera — che si conserva — e numerose città compresa Roma, vollero il Valenti iscritto tra i loro cittadini.

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(1)  Marucchi O. Manuale di archeologia cristiana. Roma, Descle, 1923 - Pag: 221, 248.

(2)  FORCELLA V. Iscrizioni delle chiese ed altri edifici di Roma etc. - 14 voll. Roma, 1869, 1895.


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Ebbe anche il merito di essere tra i primi in Italia a, far collezione di oggetti di arte antica. Mentre egli era a Roma, si era fatta più viva negli ambienti intellettuali, dopo molte distruzioni, l'ammirazione per le bellezze artistiche, che ogni giorno venivano alla luce dalle ricerche nel sottosuolo. Fu così che Benedetto Valenti potè costituire una notevole raccolta di iscrizioni, di statue, di frammenti decorativi, che egli inviò a Trevi, ad ornamento della sua residenza, e che in parte ancora si conservano. E quando un pronipote di Dante Alighieri — Francesco — amico del Valenti, fu da questo ospitato in Trevi, non seppe come meglio ricambiare la cortesia dell'amico, che pubblicando pei tipi di Antonio Blado in Roma nel 1537, una brillante dissertazione sulle «Antiquitates Valentinae», che l'Alighieri aveva avuto campo di ammirare e di studiare in casa del suo ospite (1). Questo libro, assai interessante sotto il punto di vista letterario, è rarissimo; poichè ne esistono — per quanto io so — due soli esemplari: uno nella Biblioteca Casanatense, di Roma; l'altro presso di me. La consorte di Benedetto Valenti — Felicita Petrelli — era figlia di Vespasiano, appartenente a famiglia trevana, che fu tenuta in molta considerazione in patria e fuori, e che ebbe tra i suoi membri molti illustri magistrati e dignitari ecclesiastici. Ma sopra ogni altra cosa, la memoria di questi coniugi rimarrà perenne tra i loro concittadini, non solo per l'esempio che lasciarono di concordia domestica, ma anche per l'illuminato amore che portarono ai loro figli, che tutti crebbero ad onore della patria, ed a questa addimostrarono in più occasioni la loro gratitudine, come ne fanno fede le memorie anche artistiche che vediamo nella nostra Trevi; alla quale Benedetto Valenti — specialmente quando egli era presso la corte Pontificia — fu largo di aiuti efficaci e di assistenza preziosa. (1)

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(1) Lo scritto dell'Alighieri fu ripubblicato dallo studioso trevano Dr. CLEMENTE BARTOLINI, sotto il titolo: «Le antichità Valentine». Perugia, Baduel, 1828. Cfr. T. VALENTI. Le memorie autografe del Procuratore fiscale Benedetto Valenti da Trevi, in: Bollettino della R. Deput. di St. per l'Umbria. Vol: XXVIII, fasc: II-III, N. 72 - 73.

 

 

 

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