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Presso al grave e solenne monumento dell'
inesorabile persecutore dei delinquenti e spietato sterminatore dei
briganti, l'animo e l'occhio del visitatore si affisano con desiderata
dolcezza sul piccolo, ma elegante monumento, (m. 2,90 X 5,50 comprese le
pitture) che ricorda una gentildonna mite e virtuosa (N. 18 della pianta e
Fig. 51).
Alla memoria di Subrezia Lucarini, il marito
Fausto Valenti volle con affettuoso rimpianto, dedicata questa gentile opera
d'arte, che è — per dir così — il più «umano» tra tutti monumenti funebri di
questa Chiesa,.
Chi entra in essa non può a meno di soffermarsi
dinanzi a questa effigie di donna, che nel volto semplice e sorridente
porta impresse la bontà e la mitezza dell'animo. E chi lo guarda si persuade
che veramente sincero dovette essere lo sposo desolato, quando sulla tomba
della sua diletta faceva incidere queste toccanti parole:
MEMORIAE CONIUGALI
SUBRETIAE LUCARINAE UXSORI KARISSIMAE ET
FRUGI FAUSTUS VALENS BENEDICTI F. POSUIT
DE QUA DOLUITI NIHIL NISI MORS EIUS. VIXIT AN.
XXXII. MENS. IV. D. VI. OBIIT XVII. KAL. SEPTEM. MDLXII (1).
Da lei, il marito non ebbe altro dolore che quello
di vederla morire. L'idea e le parole sono antiche. Il coniuge rimasto solo
e dolente non sa trovare frase pi� efficace. Nelle iscrizioni funerarie
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(1)
Alla memoria coniugale — A Subrezia Lucarini,
moglie carissima e buona, Fausto Valenti, figlio di Benedetto, pose —
Di lei nulla gli dispiacque se non la morte — Visse ,32 anni, 4 mesi, 6
giorni — Morì il 19 Agosto 1562.
* Il bellissimo busto, a seguito di un
fantasioso tentativo di furto nel 2011 fu trasportato nel locale museo di S.
Francesco
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romane — sia pagane, che cristiane — era tanto
comune questa espressione di supremo dolore e di accorato rimpianto, che
alle volte, era espressa anche con alcune iniziali così:
DE. QUA. N. D. A. N. MOR.
(de qua nullum dolorem accepit nisi mortis).
E in alcune troviamo le precise parole della
iscrizione di questo monumento:
DE QUA DOLUIT NIHIL NISI MORS EIUS (1)
Questa parrebbe una frase retorica: ma non lo è; è
piuttosto un grido del cuore. Prova ne sia che la frase sopravvisse nei
secoli; sicché anche ora la vediamo ripetuta in epigrafi funebri.
* * *
Il monumento in pietra dell'appennino, è sobrio ma
elegante e di una semplicità che attrae. Sullo zoccolo è collocata
l'iscrizione; sopra di questa, tra due coppie di lesene, è in ovale il
semibusto della defunta, scolpito in finissimo marmo bianco, al quale il
tempo ha conferito una patina come d'avorio (Fig. 52). La testa, ben
modellata, è ricoperta da un manto di cui le pieghe, nella loro semplicità,
sono trattate con maestrìa, a decorazione e complemento della figura, nella
quale l'espressione dolcissima colpisce profondamente.
Sopra l'ovale, una conchiglia, modellata ed
eseguita con toscana eleganza. Il piccolo monumento si chiude con una cimasa
arcuata. Sopra di essa lo stemma, risultante dall'unione delle armi Valenti
e Lucarini congiunte nello scudo partito.
Notevole il fatto che il gentile ricordo funebre è
collocato a così poca altezza da terra, che il visitatore viene quasi a
trovarsi faccia a faccia con la immagine della defunta. Circostanza questa
che richiama ancora di più l'attenzione sulla pregevole opera d'arte.
A questo, come agli altri monumenti vicini, si
volle — e mi permetto di non approvarne né l'idea, né l'esecuzione — accrescere solennità ed importanza contornandolo di pitture barocche. Due
Sibille fiancheggiano l'edicola ed altre due sono al di sopra di
questa, al riparo di un panneggio sorretto da putti. Una figura del
Redentore,
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(1)
Fabretti R.
Inscriptionum antiquarum etc. - Roma, Ercoli, 1699, pag. 275.
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con altri tre putti, è in cima alla farraginosa
pittura, che si può senza timore di sbagliare — anche per la poca importanza
artistica — attribuire ad uno dei già nominati Angelucci. E non mi sembra
improbabile che la pittura sia di parecchi anni posteriore alla esecuzione
del monumento.
Della gentildonna qui sepolta non abbiamo notizie
particolari. Sappiamo soltanto che era figlia di Prospero Lucarini e di
Ersilia N. N. Morto il padre, la madre si fece monaca. La Subrezia ebbe due
sorelle: Lorenza che fu moglie di Monte Valenti e Lucrezia che sposò un
Petrelli di Trevi. Appartenne alla benemerita famiglia dei Lucarini, che
diede alla patria uomini illustri e benefici; tanto che fiorisce ancora in
Trevi un collegio di giovani fondato da un Virgilio Lucarini. |