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La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime
XVIII
I MONUMENTI SEPOLCRALI
6°).
MONUMENTO DI MONTE VALENTI. |
(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclèe, 1928 - pagg. da 253 a 254) [ I numeri in grassetto tra parentesi acute < > indicano le pagine del volume originale. Le parole divise a fine pagina sono trascritte interamente nella pagina in cui iniziano] |
Prima di occuparmi del monumento, mi pare utile soddisfare la curiosità del lettore, dinanzi ad un nome che è talmente fuori dell'usuale, da non trovarsi registrato — per quanto io so — in nessun calendario, nè in alcun martirologio. «Monte», era il nome di battesimo del terzo figliuolo maschio che ebbero i coniugi Benedetto Valenti e Felicita Petrelli, ambedue di Trevi. Quale sia l'origine di questo nome ci è detto dal padre stesso, che nelle sue memorie autografe, già citate, lasciò scritto: «1527 — La notte che precede il dì de S. Lucia (12 Decembre) nacque il tertio figlio maschio; quale per essere stato guadagnato in Gualdo, Nocerine diocesis, alli servizi del mio R.mo de Monte, volsi che Monte si chiamasse. Faccia Dio che almino de literatura, sia assìmile ad sua signoria. Nacque ad hore 4»(1). Era, infatti, legato a Gualdo Tadino, fino dal 1514, il cardinale Antonio Ciocchi, del Monte Sansavino, conosciuto più comunemente per il cardinale «del Monte». Presso di lui era, in qualità di uditore delle cause il trevano Benedetto Valenti, che, un poco cortigianamente, volle imporre quel nome al suo terzogenito maschio. |
Ma — nonostante l'originalità di questo nome —; è notevole il fatto che, almeno nel comune di Trevi, ebbe qualche imitatore, come ho trovato nei registri delle nascite, di poco posteriori a quell'epoca. ________________________ (1) Archivio «delle 3 chiavi». Trevi - N. 263, f. 79t.
<264> * * * Quando Monte Valenti fece il suo primo testamento in Roma nella sagrestia di S. Bartolomeo all'Isola il 6 Maggio 1587, per mano del notaio Giovanni Finali, di Luni, dispose, prima di tutto, che, ovunque esso testatore venisse a morire, il suo cadavere fosse trasportato a Trevi sua patria, e sepolto nella chiesa delle «Lagrime»; e che in memoria di lui si erigesse onorevole sepolcro, se a ciò non avesse esso stesso provveduto in vita, come sperava. Il monumento doveva essere collocato sopra la porta maggiore della chiesa, tra quelli del padre suo, Benedetto, e di suo fratello Romolo. E volle che, tra gli altri ornamenti, fosse sul monumento collocato il busto in marmo, che il testatore stesso si era fatto eseguire, da vivo, in Roma. E lasciava per tale scopo 10 «fiorini» alla chiesa (1). Ma egli fu sorpreso dalla morte, prima di poter mandare ad effetto il suo proposito. Onde Alfonso, figlio ed erede di Monte, provvide a dare esecuzione alla volontà espressa dal padre. Il monumento non fu collocato, come il testatore avrebbe desiderato, sopra la porta maggiore della chiesa; ma fu, invece eretto nel posto attuale. Forse perchè più ampio lo spazio ed il luogo più adatto allo scopo; forse anche perchè meglio si contribuiva, con l'erezione del nuovo monumento alla decorazione del tempio. Questo sepolcro (N. 16 della pianta e Fig. 49) non è opera di arte di molta appariscenza. Semplici le linee architettoniche, poche e sobrie le ornamentazioni, non troppo vivaci le tinte dei marmi; ma notevoli le proporzioni: M. 7 X 2,90.
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Su di uno zoccolo, che porta a lettere d'oro l' iscrizione funebre, collocata — sorretta da due mensole — l'urna sepolcrale, dal coperchio arcuato. Sopra questa, in un tondo, il busto del defunto, di grandezza poco più del naturale, in marmo bianchissimo (Fig. 50); opera assai pregevole, ma d'artista sconosciuto. Dobbiamo ritenere che l'effigie sia anche assai somigliante all'originale, giacchè eseguita lui vivente. E quando avrò detto qual egli fosse, il lettore si persuaderà, come me, che difficilmente il Valenti avrebbe tollerato un'opera meno che corrispondente alle esigenze sue! Il monumento termina con un timpano semplicissimo, al disopra _______________________ (1) Archivio Valenti - Instrum. Pars I. - A - f. 158 ss, Esecutori testamentari furono il Card. Alessandro Farnese, il vicecancelliere di S. Chiesa Michele Bonelli, vescovo di Alessandria, nepote di S. Pio V, e Filippo Guastavillani.
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La parete alla quale è addossato il monumento fu abbondantemente decorata di pitture a fresco. Sotto una specie di baldacchino, sormontato da una croce, il pittore ha rappresentate la Giustizia e la Carità. Sotto di queste, due figure di profeti, danneggiate dal tempo; in basso simboli mortuari. Anche questa pittura è da attribuirsi ad uno degli Angelucci da Mevale, pittori del secolo XVI già ricordati (1). L'iscrizione del monumento è questa:
MONTI VALENTI
TREBANO BENEDICTI F.
* * * Se non mi fossi proposto di non trattenermi a lungo sui personaggi qui sepolti, mi si sarebbe presentata ora l'occasione di parlare ________________________
(1)
Cfr. sopra, pag. 158.
Visse 60 anni, 11 mesi e 12 giorni. Morì a
Roma il 24 Novembre 1588.
Il figlio Alfonso all'ottimo genitore fece
porre.
Da giovane, Monte Valenti si dedicò allo studio delle leggi. Sposò Lorenza Lucarini, di Trevi. Ebbe tre figli: Alfonso, Subrezia e Benedetta. Morte in giovane età la moglie e le due figliuole, si trasferì a Roma, al servizio della curia pontificia. In breve tempo venne in onore e fu tenuto in grande considerazione. Il suo carattere energico gli valse incarichi di molta difficoltà. Severo esecutore di severissimi ordini, fu inviato ovunque occorresse combattere i nemici della società e della pubblica quiete. Così, a soli venticinque anni, Giulio III lo mandava commissario in Romagna e nell'Esarcato di Ravenna. Nel 1555 è governatore di Assisi, poi di Cesena. Nel 1564 Paolo IV lo manda con pieni poteri commissario a Terni, dove nobili e popolani sfogavano le loro ire di parte. Il Valenti si valse dei pieni poteri concessigli nel modo più rigido, che taluno disse feroce; onde è ancora viva la memoria delle esecuzioni numerose e tragiche da lui ordinate, rese anche più fosche da leggende truculente, che intorno all'opera sua si erano formate; delle quali, però, manca finora una seria documentazione. Ma non è mia intenzione prendere le eventuali difese di questo esecutore di giustizia, che la sua opera ispirò alle consuetudini dei tempi, informandole — anche senza pietà — agli stessi istinti sanguinari con i quali i cittadini si trucidavano tra loro. É certo però che gli storici contemporanei non furono con lui così aspri, come quelli dei tempi più recenti. L'impresa di Terni e l'opera da lui similmente esplicata nelle Marche — a Macerata, Ascoli ed Ancona — gli valsero la nomina a governatore di Roma (1). E numerosi, documenti dell'archivio Capitolino attestano della attività e rigidezza di Monte Valenti. Anche a Bologna, nel 1579, il Valenti dette della sua energia prove assai efficaci. Quando i briganti infestavano quel territorio applicò taglie vistose; ed a chi portasse qualche testa recisa, faceva dare un premio in contanti! Ed alla caccia spietata contro tali delinquenti prendevano parte attiva tutti coloro che potevano e volevano: _______________________ (1) Archivio vaticano. Segr. Brev. 28-f. 39.
Dopo molti anni di così agitata esistenza, volle il nostro ritirarsi a vita più tranquilla. E la trovò nell'incarico affidatogli dal cardinale Alessandro Farnese, di sopraintendente ai suoi numerosi feudi. Onde il Valenti visse gli ultimi anni di sua vita nello splendore della villa Farnesiana a Caprarola; fino a che — poco più che sessantenne — si spense a Roma in una sua casa in via dell'Orso. Queste, in pochissime parole, le imprese dell'uomo, che il visitatore del nostro tempio vede qui in aspetto così apparentemente sereno e tranquillo! |
(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclèe, 1928 — pagg. da 253 a 254) |
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