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La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime 8
L'ARCHITETTO DELLA CHIESA |
(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclée, 1928 - pagg. da 55 a 63) [ I numeri in grassetto tra parentesi acute < > indicano le pagine del volume originale. Le parole divise a fine pagina sono trascritte interamente nella pagina in cui iniziano] |
Come e perché i contratti stipulati con Francesco di Bartolomeo, da Pietrasanta il 27 Novembre 1485 e con Sante di Giovanni. da Settignano il 2 Giugno 1486 per la fabbrica della chiesa non abbiano avuto esecuzione, non sappiamo, perché su ciò tacciono del tutto i documenti. É certo che si era arrivati alla seconda metà del 1486 e la fabbrica non era ancora stata iniziata. Onde è che, per rompere ogni indugio, 1'8 Agosto di quell'anno i Priori del comune con otto degli XI deputati delle «Lagrime» tennero adunanza, nella quale Bartolomeo di ser Giovanni, anteposto, propose si dovesse decidere, perché necessario, di aggiudicare ed accottimare la fabbrica della chiesa. E si delibera, infatti, che «assolutamente» debba aggiudicarsi. E tre o quattro dei deputati trattino coi «maestri» per i capitoli e le condizioni. Altrimenti redigano il capitolato, anche senza i «maestri», e riferiscano alla Società ed in essa si faccia l'aggiudicazione e il contratto definitivo (1). Deliberazione decisiva, per non tardare più oltre la costruzione della chiesa, voluta dal comune e dal popolo. Ma delle trattative corse tra i rappresentanti della Società delle «Lagrime» e gli appaltatori non abbiamo traccie. Intanto si provvedeva all'acquisto del terreno, come già dissi, _______________________ (1) Archivio delle 3 chiavi, N. 155, f. 47t.
necessario alla fabbrica, coi denari del comune, perché fosse sempre di sua proprietà. E, finalmente, il 27 Marzo 1487, si addivenne alla stipulazione del contratto con M°. Antonio di Giorgio Marchisi, da Settignano, presso Firenze. Ancora una volta, nella scelta dell'architetto per la nuova chiesa, si addimostra la sagace oculatezza degli amministratori di quei tempi; non solo: ma apparisce anche la loro coraggiosa iniziativa, poiché si trattava d'impegnarsi per un lavoro quasi colossale, costruire. cioè un tempio di dimensioni mai viste nel nostro comune. E ciò senza neanche avere in pronto sin dall'inizio la somma tutta che l'impresa grande richiedeva. Fiducia e coraggio, oltre al nobile senso religioso ed artistico animavano i deputati delle «Lagrime».
* * * Di grande interesse è per noi sapere chi fosse e di qual valore l'architetto prescelto. Non molte, purtroppo, sono le notizie che di lui abbiamo: ma tante quante bastano a farci convinti che egli era eccellente nell'arte sua. Si chiamava dissi già Antonio Marchisi. Altri scrive Marchissi: ma nei documenti trevani risulta la prima grafia; ed io questa ho creduto ragionevole adottare. Spesso è chiamato Antonio di Giorgio, senz'altro. E così anch'esso si firma nel contratto trevano. Nacque a Settignano, storico e pittoresco castello e fecondo di artisti famosi, nei pressi di Firenze il 17 Maggio 1451. Nel 1474 lavorava a Pesaro insieme con Giorgio suo padre alla costruzione della fortezza di quella città detta poi la Rocca Costanza, perchécostruita per ordine di Costanzo Sforza, allora signore di Pesaro e figlio di Costanza Varano. Ma il lavoro fa bruscamente interrotto, se dobbiamo prestar fede a quanto il Marchisi padre scriveva a Lorenzo dei Medici, il 17 Aprile 1476. Pare che il signore di Pesaro, superate le prime difficoltà della costruzione. cioè quelle di edificare in mezzo all'acqua, cacciasse via in malo modo i Marchisi, padre e figlio, insieme agli scarpellini che il Giorgio aveva condotto seco di Toscana per quell'opera. Il Marchisi si lagna al granduca che il signore di Pesaro l'abbia fatto stare perfino una settimana senza viveri! E poiché egli reclamava, lo Sforza gli diede ordine per mezzo delle guardie, che entro due ore egli e suo figlio Antonio sgombrassero da quelle terre; altrimenti gli avrebbe fatta — scrive esso — «la barba di stoppa», in altri termini : impiccare!<57> Oltre di che — è sempre Giorgio Marchisi che narra — «lo Sforza gli avrebbe messa a sacco la casa e toltogli le masserizie e tutti i panni; tanto che dové tornare a Settignano in farsetto». E chiama testimoni gli scarpellini che «aveva menato seco». Lo Sforza avrebbe anche trattenuti i garzoni del Marchisi, che da questi avevano già avuti fino a tre mesi di paga anticipata. Tutto ciò avvenne, dice M°. Giorgio «quando egli m'ebbe fatto cavare una torre fuori della acqua et che vide che e'poteva fare senza me». Sicché il lavoro fu «allocato» ad altri e ciò anche più di un mese prima che il Marchisi fosse in così malo modo liquidato. Era, dunque, premeditata la sua espulsione? D'altra parte lo Sforza diceva che il Marchisi era fuggito portando via i denari che aveva avuto in anticipazione. Ma l'architetto si difende, e — da uomo pratico dell'arte — scrive al Medici: «Mandisi a stimare il lavorio ch'io ho fatto e conci allo avvenante delle scripte eh'io ho et vedrete se io ho soprapreso danari, et se li resta a dare. Io ho lavorato due mesi et non mi ha dato danaro». Perciò si raccomanda al Granduca e gli garantisce che tutto ciò che gli scrive è pura verità «et se a ciò a me (sic) io vi dicessi bugia alcuna, voglio elle senza niuna misericordia mi gastighiate» (1). Non sembri questa narrazione una divagazione del nostro argomento; poiché essendomi proposto di dare in questo capitolo le maggiori notizie possibili sull'architetto della chiesa delle «Lagrime», mi è parso necessario dire anche di questa disavventura del Marchisi padre, della quale partecipò anche il figlio Antonio, che era all'inizio della sua carriera, di artista. Questi raggiunse ben presto fama e meriti; poiché nel 1487 costruì a Firenze, fuori porta a Pinti, la chiesa e il convento di S. Giusto nel quale erano i Padri Gesuati; dove poi dipinse a fresco Pietro Perugino. La chiesa, che fu distrutta poco tempo dopo, durante l'assedio di Firenze nel 1530, era, a dire del Vasari, «un grande edificio, che insieme al convento annessovi era dei più belli e bene accomodati che fossero nella Stato di Firenze» (2). Ciò avveniva nel 1487: lo stesso anno in cui il Marchisi stipulava il contratto per la Chiesa delle «Lagrime». ________________________ (1) Gualandi Michelangelo.Nuova raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura ecc., Bologna, 1844, Vol. III, Pag. 341-343. (2) Le opere di Giorgio Vasari con muove annotazioni e commenti di Gaetano Milanesi, Firenze Sansonii, 1879-1885 Vol. III, p. 570. Vol. IV. p. 476.
* * * Preziosa, anche in questo argomento,
è la testimonianza del
cronista Mugnoni, il quale scrive che «el maestro che ha tolta ad fare dicta ecclesia, si
è fiorentino ciamato (sic) mastro Antonio. homo reputato de grande ingenio». Ed aggiunge che lavorò molto sotto
il pontificato di Sisto IV, in diversi edifici ed anche in S. Pietro a
Roma; e costruì molte rocche e — ripete — «reputato grande ingenio et maestro in edificare». Ma con tutto il suo
«ingenio» —
anzi appunto per questo — dovette il Marchisi essere un «fiorentino
spirito bizzarro». Vedremo tra poco come venne a dar noie e brighe al
comune di Trevi, abbandonando anche il lavoro intrapreso.
* * * Nel 1494 Antonio Marchisi era a Napoli, al servizio di
quei reali, con la provvisione di 200 «ducati» per la costruzione e
riparazione di fortezze in tutto il reame. Nel 1498 rivedeva le fortezze di
Calabria. E. secondo il Vasari, lo scultore Andrea da Fiesole fu chiamato a
Napoli dal nostro Antonio di Giorgio, che il Vasari stesso giudica
«grandissimo ingegnere ed architetto». Nel 1517 il papa Leone X, volendo fortificare Civitavecchia
condusse seco «di persone ingegnose» anche «Antonio Marchisi architetto allora di fortificazioni, il quale per commissione del papa era venuto da Napoli». Nel 1518, ritornato a Firenze ebbe dagli Otto di Balìa
l'incarico di rivedere le fortezze di Pisa, Livorno, Borgo S.
Sepolcro, Arezzo e Montepulciano e di far nuovi progetti e modelli. Nello
stesso anno andò a rivedere la fortezza di Fogliano in Val di Chiana, della
quale fece un bellissimo disegno. Il Muntz crede riconoscere il nostro Marchisi in un
«Magister Antonius de Florentia
Murator» che nel 1185 era a Roma, a
pigione in una casa del Capitolo Vaticano (1). Nel 1504 Consalvo di Cordova rilasciava mandati a favore
del Marchisi, indicato con le qualifiche di ingegnere e di architetto e
sotto il nome di «Antonio da Settignano»(2). Fra i
più moderni scrittori fa menzione assai laudativa del
Marchisi il P. Guglielmotti che lo dice «chiaro architetto militare».
____________________________
(1) Eugene Muntz.
Le artes àla court des Papes Paris, 1898, p. 48.
(2) d°. Histoire
de l'art pendant la Renaissance. Vol, II, p.
252.
Il nostro Antonio di Giorgio Marchisi morì il 1° Settembre 1522. Secondo il Vasari, egli sarebbe morto a Napoli, dove «fu fatto seppellire da quel re, non con esequie da architettore, ma reali». Ciò a prova della grande stima che il Marchisi godeva da quel re Ferrante «appresso al quale era in tanto credito Antonio, che non solo maneggiava tutte le fabbriche del Regno, ma ancora tutti i più importanti negozii dello Stato». Il Milanesi, però nelle sue note alle Vite del Vasari dice che tutto ciò sarebbe una «favoletta»; perché il Marchisi aveva fatto testamento fino dal 1493, ventinove anni prima della sua morte, ed aveva istituito erede Ottaviano, suo figliuolo, natogli dalla Fioretta di Giovanni Cioli, sua moglie. Se il figliuolo moriva, dovevano sostituirlo nell'eredità Zeffira e Ginevra sue figlie, la prima maritata ad Andrea Ferrucci. Più tardi, però altri fatti sopravvennero: e in un nuovo testamento del 10 Maggio 1520 istituì erede Giorgio, suo figlio naturale. Quindi cadrebbe il racconto del Vasari. Quello che conferma, però la meritata fama, di illustre architetto è la serie dei suoi lavori, come la Chiesa di S. Giusto a Firenze, e la nostra Chiesa delle «Lagrime». Quando di essa farò parola diffusamente e quando il lettore avrà sott'occhio l'imagine stupenda dell'esterno e dell'interno di questo nostro tempio si farà persuaso — nonostante i danni che il tempo arrecò all'edificio — che questo è opera di un architetto di genio e di ardimento; molto più che l'attuale chiesa non riproduce tutto lo splendore e la grandiosità del primitivo disegno, pur rimanendo sempre una imponente opera d'arte. Ulteriori notizie sulle vicende della vita di M. Antonio Marchisi avrò occasione di dare nel corso di questo libro, per ciò che si riferisce all'opera del Marchisi in Trevi. Notiamo, intanto, che esso si unì in questa impresa al suo conterraneo Sante di Giovanni, che, prima, aveva stipulato un contratto coi deputati delle «Lagrime». Circostanza questa di qualche valore, e che era fin qui sfuggita a chi aveva parlato di M°. Antonio e della chiesa dalle «Lagrime». Con essa. si mette in evidenza anche questo ____________________________ (1) P Alberto Guglielmotti O.P.Storia della marina pontificia. Roma, Tip. Vaticana, 1893, Vol. I. p, 240, Vol. X. Indice.
E prima di lui il comune aveva trattato con Francesco da
Pietrasanta, che presentò il disegno per la nuova chiesa (1). Da questo
fatto e dalla circostanza che nei successivi contratti con Sante da.
Settignano e con Antonio Marchisi non si parla di disegni della chiesa, ma
solo di dimensioni e prezzi dell'opera muraria si è voluto da taluno dedurre
non essere il Marchisi il vero architetto della chiesa ma soltanto un
appaltatore ed un esecutore di progetti altrui (2). Ma la deduzione mi
sembra cavillosa. Il Mngnoni dice — è vero — che, il Marchisi aveva «tolto
ad fare dicta ecclesia», ma questo «fare» è verbo troppo generico per
poterne concludere che il Marchisi fosse un semplice esecutore. Tutta la sua
carriera artistica ce lo mostra come ideatore di fabbriche d'ogni genere. Il
Mugnoni stesso la chiama «homo reputato de grande ingenio» e
ricorda i lavori dal Marchisi compiuti sotto Sisto IV. Se si tengono presenti e se si valutano seriamente queste
circostanze e ad esse si aggiunge il fatto che — come vedremo — il comune di
Trevi esigeva la presenza del Marchisi sul posto, se ne dovrà dedurre che
egli e non altri sia stato l'architetto della chiesa. Se il contratto
imponeva a lui degli obblighi circa alcuni particolari della costruzione,
senza far cenno di un disegno vero e proprio eseguito dal Marchisi, ciò può
dimostrare — tutt'al più — che il comune si rimetteva al buon gusto e alla
maestria dell'architetto. Sarà forse
lecito dedurre che questi potrà avere utilizzato qualche elemento dei
precedenti progetti; ma anche questa è un'ipotesi: niente più Se devo, dunque dire il mio modesto parere, credo poter
affermare essere il Marchisi il vero architetto della nostra
chiesa. Che egli sia stato nello stesso tempo l'assuntore dei lavori, è cosa
che non farà meraviglia a nessuno di quelli che hanno una qualunque notizia
della storia dell'arte e dell'architettura in ispecie. Il contratto stesso —
lo vedremo tra poco — dà al Marchisi la doppia qualifica di «maestro» e di «accottimatore». Ed al semplice buon senso ripugna il pensare che, dopo
aver trattato con artefici di minor grido, il comune si decidesse ad
affidare la fabbrica ad un architetto di grande ingegno e di grande fama,
____________________________
(1) Cfr. sopra pag. 49
(2) D. P.Pirri, Annali di ser Francesco
Mugnoni da Trevi, cit. pag,95 n.1
Il 27 Marzo 1487 convennero in una camera del palazzo comunale di Trevi «l'insigne architetto» Antonio di M°. Giorgio Marchisi, insieme a M°. Sante di Giovanni, ambedue da Settignano, coi magnifici signori Priori del comune: Luca di Francesco Capocciuti, anteposto, Bartolomeo di Bartolo Santi e Biagio Cascioli, e con i signori Gregorio di Tommaso Petroni, Pierfrancesco di Franceschino Lucarini, ser Giovanni «Tosto», di Angelo Valenti, Bartolomeo di ser Giacomo, ser Giovanni Gabino Francioli e Diotallevi d'Antonio Santilli; i quali ultimi nove rappresentavano i deputati delle «Lagrime», mancandone soltanto uno sugli undici, poiché tra questi era da contarsi anche Bartolomeo di Bartolo Santi, allora priore. Tutti questi cittadini autorizzati dal consiglio generale, con l'intervento del notaio cancelliere del comune, nell'interesse della chiesa delle «Lagrime» e del comune, convengono con M°. Antonio Marchisi che questi costruire la chiesa da buono, fedele e legale maestro e accottimatore. E farà la chiesa fino alle volte e il campanile. Il comune farà scavare le fondamenta. Sul posto, per la direzione dei lavori, dovrà trovarsi sempre o M°. Antonio, o M°. Sante, o un altro maestro di sufficiente capacità scelto da essi. Ed avranno l'obbligo di sorvegliare anche lo scavo dei fondamenti — quantunque fatto a cura del comune — e così i lavori di puntellamento e quant'altro occorrerà. M°. Antonio promette per sé e per i suoi eredi di osservare tutti i patti del presente contratto, senza frode, senza cavilli e senza eccezioni. Fin qui la formula preliminare del contratto, che nell'originale è in latino. Segue, poi, il testo del contratto, in volgare, di cui riassumo le linee principali, riservandomi di darne il testo completo tra i «Documenti» in appendice(1). M°. Antonio Marchisi promette e si obbliga di lavorare la chiesa, il campanile, le volte, i mattonati, gl'intonachi e tutto ciò che occorra; e su tutto «s'intenda darci el paiese franco» ossia la libera facoltà di far cavare l'arena e la pietra dove gli farà più comodo e dove è solita cavarsi. Il comune dovrà condurre l'acqua sul lavoro, e darà legname e ferramenta «che vadino a spese de dicta Madonna». ___________________________ (1) Vedi: Appendice: Documento N. 2.
É obbligato il Marchisi di adoperare tutto il materiale offerto dai fedeli, fin qui radunato, e quello che verrà offerto in seguito, a prezzo giusto. E ciò s'intende tanto Iter la pietra e per la calce, come per la mano d'opera, spontaneamente offerta. Il prezzo di una «pertica» di muro è fissato in 8 «ducati» d'oro. La facciata e i fianchi avranno i loro pilastri di mattoni «con la cornice attorno». E la chiesa sarà dentro e fuori intonacata e «finita de tucto ponto a mie spese d'ogni cosa» Ma è a carico del comune. come si è detto, lo scavo delle fondazioni. Il murato si misurerà «vuoto per pieno», comprese, cioè le cappelle. le porte, le finestre e «l'occhio». Il campanile sarà esternamente di mattoni, come la sua base. Il prezzo delle volte è fissato a 10 «bolognini» al «piede scempio» cioè quadrato, e misurato sopra il piano della volta e della tribuna. Il selciato o l'ammattonato di mattoni «quadri» si pagherà 3 «bolognini» il «piede». Il prezzo delle pietre concie sarà fissato da amici comuni. Interessante è la clausola che riguarda il pagamento dei lavori. Poich il comune e i deputati delle «Lagrime» coraggiosamente si accingevano a questa opera grande. senza avere già pronti tutti i mezzi necessari, non vollero con questo fare opera inconsideratamente gravosa per il popolo trevano, ne troppo aleatoria per l'architetto appaltatore. Quindi è che nel contratto è detto che «la comunità de Trevi sia obligata overo dicta Madonna, pagarci dì per dì come se verrà lavorando. Et quando dicta Madonna, non havesse pecunia da spendere, noi siamo obbligati a lassare el lavorare, in sino a tanto elle dicta Madonna habia el modo a lavorare; et quandoella habia el modo a lavorare, noi siamo obbligati, a lavorare a ogni loro requisitione». Nuova prova, questa convenzione, della prudenza degli amministratori di allora. Essi avevano visto che la spesa era assai considerevole, e che era prevedibile una diminuzione nell'affluenza delle offerte, se la devozione dei fedeli veniva ad affievolirsi. E infatti poco tempo dopo, le loro previsioni si erano in parte avverate. Nel contratto
è detto anche che
«la comunità o vero dicta Madonna» dia
in prestito 60 «ducati» all'appaltatore, perehé possa incominciare a
lavorare; versandogli 30 «ducati» all'atto della stipulazione del contratto
e gli altri 30 all'inizio dei lavori. E la somma verrà «scontata» nella
fabrica. E se cosìnon fosse fatto, l'appaltatore autorizza il comune a
poterlo «gravare in havere e in Si obbliga, in fine di lavorare da buono e leale maestro, in fede di che, dice: «ho fatta questa de mia propria mano, hogi questo dì sopradicto». Siamo, parrebbe, alla chiusa del contratto. Ma, arrivati a questo punto l'architetto e gli altri si avvedono di aver dimenticato qualche cosa. Infatti il testo torna a parlare del prezzo dei tetti, dicendo che sarà fissato poi e che saranno misurati come i muri, cioè mano, mano che saranno costruiti. Da notarsi il fatto che nel testo del contratto il Marchisi parla talora a suo nome soltanto; talora, invece, anche a nome del socio, Sante di Giovanni; e allora adopera il «noi». Ma per l'obbligazione derivante dal contratto s'impegna personalmente il Marchisi. Il Marchisi, celebre architetto, ma non altrettanto famoso letterato, scrive: Io Antonio de M. Giorgio chonfesso ete (sic) «chomfermo tutte le chosse sopra scritte chome istano»
E di questo autografo dell'architetto illustre riproduco il fac simile (Fig.4).
Testimoni a questo atto furono Gio: Battista e Benedetto di Gregorio Petroni e Felice di Matteo Agostiui di Trevi. Dell'atto fu rogato il cancelliere del comune, più volte nominato, Giuliano Pellegrini, da Capranica. Con questo nuovo contratto restava espressamente annullato quello stipulato in precedenza con Sante di Giovanni da Settignano. Immediatamente dopo la firma del contratto, cioè lo stesso giorno 27 Marzo 1487, si mise mano allo scavo dei fondamenti per la nuova fabbrica, della quale esporrò ora le principali vicende.
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(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclée, 1928 - pagg. da 55 a 63) |
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