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La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime XIV - UNA STRANA CONSUETUDINE |
(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclée, 1928 - pagg. da 122 a 129) [ I numeri in grassetto tra parentesi acute < > indicano le pagine del volume originale. Le parole divise a fine pagina sono trascritte interamente nella pagina in cui iniziano] |
La cosa è veramente così strana, che vale la pena di raccontarla con i maggiori particolari possibili, per quanto già altra volta io stesso mi sia occupato di questo argomento (1). Ma oggi, con il nuovo materiale d'archivio da me trovato recentemente, sono al caso di completare il breve cenno che della insolita costumanza trevana diedi alcuni anni or sono. Venuti appena alle «Lagrime» i Canonici Regolari Lateranensi, incominciò il popolo trevano a prendersi spasso con essi, quando cadeva la prima volta la neve. Si radunavano in buon numero ragazzi, giovani ed uomini fatti e — spesso con tamburi ed armi — andavano in truppa al convento delle e «Lagrime». Il pretesto era di giocare alle palle di neve nel recinto annesso, alla chiesa; ma in realtà — specialmente quando i religiosi vollero far resistenza a quella scena poco civile — la cosa finiva con un assalto vero e proprio al convento. I trevani ne forzavano le porte, se le trovavano chiuse, o, per entrare ad ogni costo, scavalcavano le mura del recinto. Poi si gettavano addosso ai pochi religiosi che erano là dentro e li legavano e li tenevano come prigionieri. Pareva che la cosa fosse fatta per ischerzo; ma il fatto era che quei poveri Canonici non erano rilasciati, fino a che non si decidevano a dare a quella turba insolente qualche poco di «mancia»; 20-30 «bolognini», per lo più. ________________________ (1) T. Valenti, Curiosità storiche, cit. p. 43
Dico che questa barbara usanza incominciò appena venuti i Lateranensi a Trevi, che fu del 1500. Infatti nei libri di conti del 1501. già troviamo segnata la spesa della «manza» (mancia) per la neve,(1). E, una volta incominciata, quella impresa si rinnovava tutti gli anni alla prima neve, con grave disturbo e pericolo dei religiosi, i quali — così in pochi contro tanti — si dovettero adattare a far buon viso a cattivo giuoco ed a sborsare subito quei pochi «bolognini», pur di liberarsi da ogni noia. Tanto, lo sapevano, che — ad ogni prima neve — era pronto per loro il solito scherzo; se così poteva chiamarsi! Dopo molti e molti anni finalmente, cioè nel 1557, il Preposto delle «Lagrime» di quel tempo — D. Teodoro da Mortara — si decise a ricorrere alla autorità ecclesiastica di Spoleto, rappresentata dal vescovo di quella diocesi e per esso da Mons. Gio: Pietro Forteguerri, da Pistoia, suo vicario generale. Questi emanò il seguente «bando»: «Havendo il R.do Mons. Io: Pietro Forteguerri da Pistoia, dottore dell'una et dell'altra legge nel vescovato de Spoleto vicario generale, presentito nella terra de Trevi et suo territorio essere uno abuso in grande detrimento, periculo et prejudicio de persone et luoghi religiosi esistenti in ditta terra et suo territorio, diocesi de Spoleto, che ogni anno la prima volta che cade la neve, se fa cohadunatione de brigate, etiam con tamburo et arme, over senza; et così cohadunatione ne vanno a turbare il quieto e pacifico vivere de persone religiose, intrando per forza e violentia nelli monasteri, chiese overo abitationi d'essi religiosi, havendo ardire anche de scalar le mura, sotto pretesto de jocare o fare alla neve, havendo anche ardire de metter mano a dosso de detti religiosi, con farli precioni et con farli pagare il rescatto o mancia, contra ogni honestà et decoro, non considerando il pericolo et grande scandalo che ne può nascere, atteso massime il rispetto grande che haver si deve a religiosi et essendo che a S. S.ria. R.da. se appartiene il rimediare a simili inconvenienti, per il debito del suo officio, né volendo restare di fare le debite provisioni et remedii per quiete de' religiosi et per salute delle anime, però dunque, per auctorità del presente pubblico bando, o vero editto, ordina, comanda et expresamente prohibisce a tutte e singole le persone de qual si voglia stato, grado o conditione della ditta terra et suo territorio, overo _______________________ (1) Archivio delle 3 chiavi - N. 241, f: 29.
In quorum fidem, etc. Datum Spoleti ex Palatio episcopali, die 6 Novembris 1557» (1). Il bando, come si vede, non dice chiaro che i fatti lamentati avvenissero soltanto a danno dei canonici delle «Lagrime»; ma deplora e punisce gli eccessi che si commettevano contro persone religiose ________________________ (1) Archivio delle 3 chiavi N. 251.
Il bando fu portato a Trevi dal Balìo di Spoleto il 16 Novembre e gli furono dati 10 «bolognini» dall'economo delle «Lagrime» (1).
* * * Di questi avvenimenti ha lasciato memoria autografa il preposto D. Teodoro da Mortara, in uno dei libri di conti del convento in questi termini: «Memoria a tutti li posteri et agenti del monasterio: qualmente essendo io. D. Theodoro Mortariensis preposito del 1557. nel meso (sic) di Novembrio, vedendo l'abuso et disordine che era de Triviaschi di venir ad assaltare il monasterio, quando veniva la prima volta la neve, et etiam a scalare il muro per far trarre li padri a darli la manza, feci venire un bando da Spoleti, che a pena cinquanta scudi d'oro a chi ardirà far tale insulto, pur non nominando chiesa particulare, ma in generale; però sareti avvertiti ad altre volte non gli dar cosa alcuna; ma se vorranno far insulto per l'avenire, li mostrariti lo bando che è nelle scritture della Madonna, cioè una copia, con scrivere a Spoleto a Mons: Vicario» (2). Sembra che, lì per lì il bando avesse qualche applicazione pratica; poiché troviamo memoria che ai 7 di Novembre di quell'anno l'economo del convento diede 13 «bolognini» a un ser Placido per man del fator di Spoleti (3) per una scomunica per causa della neve (4). Probabilmente qualcuno sarà incappato nel bando e gli fu applicata la minacciata scomunica. Ma con tutto ciò il bando restò in seguito senza effetto. Le speranze del preposto D. Teodoro da Mortara andarono fallite, perché il popolo non volle abbandonare il suo solito divertimento. Del bando se ne ridevano, e a Trevi non c'era forza sufficiente per farlo rispettare. ________________________ (1) Archivio delle 3 chiavi N, 252 f: 33 t. (2) ivi. (3) A Spoleto i Canonici Regolari Lateranensi erano nel convento di S. Giuliano, sul Monte Luco; poi anche a S. Ansano. (4) Archivio delle 3 chiavi — N. 252 f: 53t.
Infatti la Corte del podestà era composta di appena 6-8 persone, mentre gli assalitori erano parecchie decine! Nel 1571 il preposto D. Gabriele da Piacenza deve con dispiacere riconoscere che il bando quasi mai si èpotuto applicare, specialmente perché i preposti si mutano ogni due anni, e nel breve periodo della loro carica non si danno premura di prender conoscenza delle carte del loro convento e delle memorie lasciate dai loro predecessori: «non se curano tanto de legger li memoriali». Sicché i trevani prendono coraggio e si fanno sempre più importuni, «e quasi vengono a farci violentia con dir sempre essere stata tale usanza di dar loro la bona mano a simili hiorni. E non solo vengano li giovanetti figliuoli in grossa compagnia, ma, dopo loro, vengano li giovani grandi e homini di maggior età a far mile insolentie alle porte tanto di giesa, come di caxa (casa); de maniera che questo anno del 1571 fu forza rendersi a dargli la bona mano (1), e del precetto di Spoliti se ne facevano beffe; anzi se non ge se dà quello che vogliano, dicono esser usanza di donar loro un fiorino. Per tanto io D. Gabriel da Piacenza al presente quà prevosto mi deliberaj se dovessi mandar a posta a Roma de non tolerar piùquesta presuntuosa insolentia. Perciò in caso che io non ritornassi più alla cura di questo locho, siano avertiti li Revdi: Prevosti provedergli al meglio che sanno o per via di Roma o per via di Perosa. Io mandaij a pigliar la corte del podestà ma non ci pnoteti far cosa buona, per esser li trevani in numero piùde sexanta persone. De modo che tanto non vi potetti reparare, che bisogné donar loro tre «paoli» (2). Onde la fastidiosa e tragicomica usanza ccontinuò indisturbata ancora per molti anni. Fino nel 1574 troviamo: «Data di bona mano alla prima neve alli giovani treviani: bajocchi 25».
* * * Oltre a ciò sono venuto a conoscenza di un curioso documento del 1541, che mi pare possa riferirsi agli episodi della neve. Un Liberato di Lucangelo Ottaviani da Trevi, aveva percosso e bastonato un tal D. Filippo, Canonico delle «Lagrime». Il reo, che per questo fatto era incorso nell'interdetto, si decide a chieder perdono alla sua vittima, in presenza del Vicario e del fattore delle ________________________ (1) Archivi o delle 3 chi a v i - N. 249. 1571 — Gienaro. Per tanti dati a certi giovini trevani quali venero con la neve per mani di P. Isidoro, in tutto 10 denari. (2) Ivi, N. 253.
L'Ottaviani, dietro all'altare maggiore della chiesa, con inter-vento del
notaio e di testimoni, si prostra a terra, con le braccia distese e con una
corda al collo (cum capistro ad gulam) dinanzi al Canonico da lui
percosso. Questi tiene in mano i capi della corda (1): come a dimostrare che
dibende da lui la vita o la morte del reo, il quale chiede perdono
umilissimamente della sua colpa.
Allora i Canonici presenti, vista la sua umiltà e considerata la sua
ignoranza — piùgrande, forse, della sua malizia — con le dovute formule
ecclesiastiche l'assolvono dall'interdetto. Ma, per porre un freno alla
nequizia di chi volesse in avvenire osare altrettanto, l'Ottaviani deve
promettere di non piùoffendere, finché vivrà né con parole, né con atti i
Canonici delle «Lagrime», presenti e futuri. Ed egli lo promette, sotto
pena di 200 «ducati» d'oro, da dividersi tra il comune di Trevi, la società
dei notari, l'ufficiale che farà l'esecuzione ed i Canonici che fossero
stati offesi (2).
Non posso dimostrare in modo assoluto che questo documento si riferisca ad
uno di quei trevani che, per la prima neve, assali-vano i Canonici. Ma e per
la data — 21 Gennaio — e per i termini nei quali l'istrumento è redatto —
specialmente dove si dice di voler dare un esempio anche ad altri — non mi
sembra azzardata l'ipotesi che sia questo un documento di piùsulla strana
consuetudine di cui dà qui la notizia.
Quale fatto potesse dare pretesto all'origine del barbaro divertimento non
saprei dire; né trovo documenti che facciano al caso. Forse può mettersi
questa usanza in relazione col fatto che la prima manifestazione della
Madonna delle lagrime avvenne il 5 d'Agosto; giorno dedicato alla Madonna
«della neve» così detta secondo la tradizione sull'origine della chiesa di
S. Maria Maggiore in Roma.
____________________________
(1) Era questo il cerimoniale in uso allora, come prima e più
tardi. Trovo per esempio, in un atto del 13 Gennaio 1456 che D. Valentino
Salvi (che fu poi uno dei cappellani delle «Lagrime») assolve un tale che
aveva bestemmiato Iddio, la Madonna e S. Caterina, dopo che il reo si è
inginocchiato, con una cinghia al collo. (Archivio notarile Trevi — To: 91
f: 43). Similmente i ribelli del Kent, ai quali la regina d'Inghilterra
Maria «la cattolica» volle far grazia della vita, dovettero, in numero di
400, «comparire dinanzi a Maria col laccio al collo e chiedere ginocchioni
perdono; dopo di che vennero graziati» (1554) (L.
Pastor, Storia dei papi, cit: Voi: VI, pag: 186).
(2) Archivio notarile -T r e v i — To: non numerato
(1508-1551) f. 120. Sono atti di diversi notai; manca però ogni indicazione
di nomi. Ho potuto tuttavia accertare, per confronti paleografici, che
questo istromento da me citato è del notaio trevano Andreangelo Marj.
E — cosa strana — a Roma stessa la festa della Madonna «della neve» che si celebrava ogni anno in quel giorno, nella cappella Borghese, dette origine a indecenti gazzarre, per cui la si sospese (1). Le scenate di Trevi erano un'eco di quelle di Roma? O forse il candido abito dei Canonici delle «Lagrime» richiamava alla fantasia dei giovani trevani il candore della neve, e con questo volevano stranamente metterlo a paragone e su questo scherzare a modo loro? Sono tutte ipotesi per tentare di trovare la genesi della strana consuetudine. Più che altro, però io crederei che potesse trovarsi una spiegazione psicologica di questa specie di follia collettiva, nella sovreccitazione allegra e rumorosa che lo spettacolo della neve, non frequente da noi, come altrove, produce così nelle persone singole — e specialmente nelle più giovani — come nelle folle. Onde neanche ora ci meravigliamo se — quando una rara nevicata copre le piazze e le vie delle nostre piccole città — non i ragazzi soltanto fanno alle pallate e si rincorrono e si colpiscono con gli innocui proiettili! Che, se tanto avviene oggi, è lecito supporre che ben più scapigliate e sfrenate fossero le dimostrazioni di gioia quasi pazza, a quei tempi nei quali tutte le manifestazioni della psiche umana erano esagerate fino all'esasperazione. E i Canonici delle «Lagrime» lo sapevano per prova! *** E qui mi viene alla mente —e forse non fuor di luogo — un episodio storico, che potrebbe essere a con-ferma della spiegazione psicologica da me tentata per la strana consuetudine trevana. Nel carnevale del 1417, in Spoleto, una grande schiera di gentildonne e di cittadine delle migliori, in maschera, giocavano alle palle di neve. E, così giocando, andarono fino al municipio; ne forzarono le porte, e, discacciati i «priori» a furia di pallottole di neve, sedettero in luogo di essi fino a sera (2). Ravviciniamo questo fatto a quello che si verificava a Trevi ad ogni prima neve, e piùpunti di contatto ci serviranno a dimostrare che anche quella era una pazzesca manifestazione della folla imbizzarrita. Non so come e quando la «guerra della neve» scomparisse dalle ____________________________ (1) Ernesto Mancini, «Neve d'Agosto» in «Giornale d'Italia», 5 Agosto, 1924, N. 186. (2) Achille Sansi, Storia del comune di Spoleto, Foligno, Sgariglia, 1879, Parte I, pag: 292.
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(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclée, 1928? pagg. da 122 a 129) |
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