| ||||
La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime XII - I CANONICI REGOLARI LATERANENSI |
(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclèe, 1928 — pagg. da97 a 110) [ I numeri in grassetto tra parentesi acute < > indicano le pagine del volume originale. Le parole divise a fine pagina sono trascritte interamente nella pagina in cui iniziano] |
Per quanto laboriose e lunghe e, in apparenza, proficue fossero state le trattative corse tra il Comune e gli Olivetani prima, con gli Agostiniani poi, pure sta il fatto che la nostra chiesa nel 1499 aveva ancora, la sola assistenza dei due cappellani nominati dal Comune. Fu il 23 di Giugno di quell'anno che il Consiglio Generale deliberava che la Chiesa di S. M. delle Lagrime fosse data ai «frati» di S. Agostino — (locuzione autentica, ma impropria) — ossia ai Canonici Regolari di S. Maria della Pace di Roma, detti allora volgarmente i «frati della Madonna della Pace» e che, con l'approvazione del Vescovo di Spoleto, il Comune redigesse il relativo capitolato. È questo il primo accenno che negli atti consigliari troviamo relativo ai Lateranensi. Per giustificare questa decisiva deliberazione, si potrebbe supporre che fossero corse trattative precedenti tra il Comune e quella Congregazione. Ma documenti in proposito non abbiamo. A titolo di curiosità devo però riferire la spiegazione che il Giorgetti, nel suo libretto gia citato, dàdella scelta fatta dal Comune dei Canonici Regolari Lateranensi. «Si erano più volte radunati in Consiglio — esso scrive — (1) li Signori di Trevi per determinare a quale Società di Regolari ________________________ (1) Op. cit. p. 36 e segg.
* * * Ora, dopo questa in apparenza, così esatta narrazione vien fatto di esclamare: se non è vera è ben trovata! Ma occorre dire che dell' ingenua storia narrata dal buon Abate Giorgetti nessuna traccia abbiamo nei documenti dell'epoca. Gli atti consigliari del 1499 — anno nel quale il fatto sarebbe avvenuto — sono completi, e in essi non è parola di quanto dice il Giorgetti, che ha trascritto di sana pianta la sua narrazione dalla Historia tripartita del Pennotti (1). E, d'altra parte, non è difficile la confutazione. Prima di tutto, come dicevo, manca negli atti consiliari la notizia della deliberazione per la nomina dei deputati, cui accenna il Giorgetti. Poi: a qual'epoca avrebbe dovuto attribuirsi il fatto? Il Comsiglio deliberava di cedere le «Lagrime» ai Lateranensi nella gia ricordata adunanza del 13 ________________________ (1) Op. cit., p. 797.
Ma v'è di più il fatto, che in quel Capitolo non si tenne parola dell'offerta che — secondo il Giorgetti — sarebbe stata fatta dal Comune di Trevi a D. Giov. Giacomo da Cremona, con l'incarico di parlarne appunto in quella. solenne riunione. Che se della cosa si fosse discusso, gli atti capitolari ne avrebbero conservato memoria; come in quelli del 1498 è detto che si dava ordine al rettore generale ed ai visitatori di andare o mandare altri religiosi idonei per vedere ed esaminare i monasteri e le località che erano state offerte ai Lateranensi in Ancona, Osimo, Tolentino e Foligno. Trovandoli adatti per la Congregazione, il Rettore Generale e due visitatori potevano accettarli e adoperarsi per ottenerli (1). Ma viceversa nessun accenno alle «Lagrime» negli atti del Capitolo del 1499. Però a giustificazione del Pennotti e del Giorgetti, è dovere mettere in rilievo che il fatto del fortuito incontro sulla strada Romana (Flaminia) tra il Procuratore Generale dei Lateranensi ed i rappresentanti del Comune di Trevi è narrato per la prima volta in una Cronaca anonima del sec. X V della quale non è reperibile l'originale: ma di cui esiste una copia del 1576 nell'Archivio dei Canonici Regolari Lateranensi a S. Pietro in Vincoli di Roma. Questa Cronaca, che fu trascritta forse nel 1499 o nella seconda metà del 1501, sembra redatta in parte da un Don Aurelio da Piacenza che dal 1450 al 1455 fu Priore di S. Giovanni in Laterano. In essa si parla, tra l'altro, della unione di quarantadue Canoniche alla Congregazione. E parlando delle «Lagrime» Si dice essere questa la quarantaduesima prepositura. E' ripetuto qui l'errore, riprodotto poi dal Pennotti e da altri, che il miracolo delle «Lagrime» avvenisse nel 1494. E proseguendo la narrazione, il cronista scrive che D. Gio. Giacomo da Cremona, passando da queste parti, fu dai Trevani vivamente pregato di voler presso i Superiori perorare la causa della ________________________ (1) Atti Capit. dei C. R. L. in Archivio di S. Pietro in Vincoli, sub anno.
Aggiungo per la verità, che la tradizione della
«prodigiosa» scelta dei Lateranensi per le «Lagrime» Si conservò a lungo.
Tanto vero che quando, sotto il governo Francese, il convento delle
«Lagrime» fu con gli altri soppresso, tutto il clero di Trevi e campagna,
passato il governo repubblicano, inoltrò «a chiunque spetta» una supplica
in data 18 Ottobre 1799 affinché alla rispettabilissima religione o sia
alla Congregazione Lateranense venga restituito il possesso che prodigiosamente le fu dato nel 1500». I firmatari
erano 29 sacerdoti (1). Perciò se la scelta dei Lateranensi fu felicissima per
tanti rapporti, devo dire, sempre per la verità che nulla ebbe di
prodigioso. E' certo infatti che della accettazione della chiesa in
costruzione e dell'erigendo convento delle «Lagrime» si parlò soltanto nel
Capitolo Generale del 1500, tenuto dai Lateranensi nella Canonica di S.
Giovanni in Viridario («in Verdara») a Padova. Ma non
abbiamo nel verbale i particolari della discussione; solo è detto: «si
approva di accettare il posto di Trevi» (2). Niente altro. Il Capitolo si
chiuse il 22 Maggio. In esso tornò ad essere eletto Procuratore Generale D.
Giovanni Giacomo da Cremona. Nessun accenno alle modalità per il possesso
delle «Lagrime». * * * Ma se non dagli atti Capitolari, possiamo
però desumere
da quelli del Consiglio Comunale di Trevi a quali condizioni i Lateranensi
avrebbero accettato di venire alle «Lagrime» . Essi chiedeva-no di essere
sussidiati dal Comune, poiché la chiesa non aveva rendite e la fabbrica
assorbiva tutti i proventi delle elemosine e dei legati testamentarii, né si
era ancora potuto costituire un patrimonio. I Lateranensi domandavano,
praticamente, che ad essi venisse dal Comune assicurato il vitto per quattro
anni e per almeno quattro Canonici. E durante la costruzione della chiesa si
provvedesse all'alloggio dei religiosi, con orto, cortile, dormitorio e
refettorio.
____________________________
(1) Archivio di S. Pietro in Vincoli. Carte senza segnatura.
(2) Obtentum est quod acceptetur locus Trevii. (Archivio di S. Pietro
in
Vincoli. Atti Capit. dal 1457 al 1501).
Di
tutto ciò si occupò il Consiglio generale nella seduta del 10 Maggio 1500. E
le richieste dei Lateranensi furono tutte accettate, ad eccezione del numero
dei religiosi, perché fino allora si era parlato soltanto di due Canonici e
di un converso. però vista l'urgenza della cosa, poiché è chiaro che la
risposta del Comune doveva giungere in tempo al Capitolo, e la necessità di
addivenire ad una conclusione, il Consiglio aggiungeva ai tre deputati per
le «Lagrime» altri due fiduciari nelle persone del cavaliere conte dottore
Nicolò Lelii e di Antonio Paoloni. che prendessero cura di quanto si
riferisse alla chiesa ed alla consegna di essa ad una congregazione
religiosa, ed in particolare a quella dei Canonici Regolari Lateranensi. Sembrò prudente al Consiglio prevedere il caso che i
religiosi non accettassero di venire in due soli; perciò se questi non
bastassero, potevano aggiungere un altro Canonico, per l'onore, la devozione
e la sollecita costruzione della chiesa e del monastero. E i due deputati
avevano pieni poteri, come il Consiglio generale. Queste dovettero essere le condizioni alle quali il Capitolo
generale deliberò di accettare il «locus Trevii».
* * * All'accettazione
seguì, con lodevole sollecitudine, la venuta dei religiosi, che avvenne il
6 Luglio 1500. Ce ne dàla certa notizia il Mngnoni nei suoi «Annali» poiché sotto quella data scriveva che
«venero ad Trevi certi canonici
regolari de Sancto Augustino». Era di Domenica ed il popolo si adunò in
folla a vedere i nuovi ospiti, dei quali anche l'abito, per il colore e la
foggia, era una novità per i Trevani. Il Mugnoni annotava anche questo
particolare scrivendo: «Portano uno càmisio bianco, come porta el vesco. Ma
quisti portano sopra questo càmisio bianco una cappa et habito nigro».
Il cronista sapeva che i Canonici erano stati mandati a Trevi «dal loro
capitolo facto ad Padua». E che erano stati chiamati dal Comune di Trevi.
Nulla dice del presunto incontro prodigioso o quasi. Otto giorni dopo, cioè il 13 Luglio, i Lateranensi presero solenne possesso delle
«Lagrime» (1). E
poiché tra essi era «uno digno et valente predicatore» questi tenne «in piaza
una, excellente et digna predica» al numeroso popolo accorso. Il
soggetto di essa fu: l'elemosina. Ed è a credere che ai devoti il nuovo
custode della nascente
____________________________
(1) Cade così l'affermazione del Pennotti che dice essere venuti i
Lateranensi a Trevi dopo compiuta la fabbrica della chiesa. Questa era
appena alla metà (Op. cit. pag: 797).
* * * Per i religiosi
così collocati a Trevi, urgeva procurare
il necessario alla vita, poiché rendite per loro disponibili ancora non si
avevano. Provvidero a ciò in virtù dall'ampio mandato a loro affidato dal
Consiglio Generale, i deputati delle «Lagrime». I quali si adunarono di
nuovo il 7 Settembre 1500 per deliberare circa i viveri da somministrare ai
«Canonici delle Lagrime», come furono chiamati fino da quei primi tempi. E
fu deliberato di dare ad essi 6 «coppe» di grano per ogni «priorato» cioè per la durata di due mesi: in tutto 36
«coppe» all'anno. E inoltre 16
«some» di mosto; ed olio quanto potrà occorrerne, oltre quello offerto dai
devoti. E i Canonici dovevano essere esenti da ogni dazio o gabella: anzi si
assegnava ad essi il ricavo della gabella sulle carni. E perché si abbia un'
idea esatta più che sia possibile della portata di questa deliberazione
aggiungo che nel sec. XVI (1586) l'occorrente per il vitto era così
stabilito: una «coppa» di grano pesava 140 libbre. Ne occorrevano 6 a 8 «coppe» a testa
— ossia circa chili 27 al mese in media.— Una
«soma» di vino era di 48 «bocali» equivalenti ad un ettolitro, quasi, e ne
occorrevano 6-7 some a testa, pari a litri 2 al giorno in media. L'olio si
misurava a «caldarello» che era di 12 «bocali» e pesava 55 «libbre»
(1). *** Comprese il Comune che per la dignitosa esistenza della
nuova famiglia di religiosi, per quanto non molto numerosa, occorreva
assicurare ad essa il possesso pacifico e sicuro della chiesa in costruzione
e dei terreni ad essa circostanti, gia acquistati dal Comune, perché
potessero poi i religiosi costruirvi un convento di grandezza sufficiente al
loro numero. E con atto pubblico, rogato dal notaio Benedetto Petroni, il
comune assegnò ai Lateranensi la chiesa, e il terreno adiacente. E' interessante esaminare questo atto di cui abbiamo copia
autentica in una pergamena dell'archivio comunale(2) L' istrumento fu redatto il 6 ottobre, presso
le «Lagrime», con
____________________________
(1) Archivio di S. Pietro in Vincoli. To. 4. Ravenna — Trevi, f. 373,
(2) Archivio delle 3 chiavi N, 168.
L'atto, assai prolisso, contiene la descrizione e la
delimitazione dei terreni assegnati ai Lateranensi. I terreni erano — presso
a poco — gli stessi che sono attualmente racchiusi nel recinto intorno alla
chiesa e tuttora di proprietà del comune, con una superficie complessiva di
circa due ettari. I priori garantivano il pacifico possesso di quei beni ai
Lateranensi obbligandosi anche alle eventuali spese giudiziarie di primo e
di secondo grado. E promettevano di ottenere tra un mese il con-senso dei
proprietari dei terreni ceduti, per ciò che poteva interessarli. Speciali
convenzioni furono stipulate anche per le strade d'accesso e circostanti
alle «Lagrime»; per stabilire che non si costruissero nuovi edifici a
distanza minore di 50 «braccia» dai confini
dei beni della chiesa; fatta eccezione per la. casa gia ivi
esistente, presso la via che andava verso «la Costarella», e di proprietà di un tale Evangelista di Giovanni. * * * All'epoca della presa di possesso delle
«Lagrime» da parte dei Lateranensi, era cappellano e rettore della chiesa,
o, per dir meglio, della cappella, il sacerdote D. Pietro di Giacomo, che
rinunziò il suo ufficio in mani del vescovo di Spoleto,
consegnando le «Lagrime» ai religiosi nuovi venuti. Questi rivolsero subito
supplica al papa Alessandro VI per l'erezione e l'istituzione della «prepositura» delle
«Lagrime», alla quale dovevano appartenere la chiesa,
il monastero, il campanile, le campane, gli orti, il cimitero, ecc. E il
papa concesse tutto ciò secondo era domandato, con suo breve in data 19
Settembre 1500 (1). Primo preposto nominato per le
«Lagrime» dal capitolo
generale, chiusosi il 17 Maggio 1501 nella canonica di S. Pietro di
Padova, fu D. Ambrogio da Mortara. Prima di lui — quantunque non si abbia
notizia della nomina — era alle «Lagrime» senza il titolo di preposto,
quel D. Sante Maffei, da Bergamo che troviamo presente all'istrumento di
cessione sopra citato.
____________________________
(1) Archivio di S. Pietro in Vincoli.
Risulta, perciò errata l'affermazione del Pennotti (1), ripetuta dal Giorgetti (2) e dal Natalucci (3) e per prima riferita nella Cronaca anonima gia citata, che il primo preposto delle «Lagrime» fosse D. Silvano Morosini, dell'illustre famiglia dogale veneziana. Esso, invece, fu, in quello stesso anno nominato priore di S. Maria della Carità a Venezia (4). Non ebbe mai la nomina di preposto delle «Lagrime». Esso morì priore del convento di Treviso nel 1562 (5).
* * * Secondo le consuetudini della Congregazione Lateranense, dovevano i suoi conventi meglio provvisti di beni, contribuire — con spirito di fraterna mutualità — a quelli che non erano sufficienti a sé stessi. E nei capitoli generali venivano annualmente fissate e distribuite le diverse contribuzioni (taxae). Al nuovo monastero delle «Lagrime» furono nel capitolo del 1501 assegnasti 37 «ducati»; di cui 29 dovevano essere versati dal monastero di S. Maria in Porto, di Ravenna; 1 da quello di Cesena, e 7 da quello di Rimini (6).
* * * Giunto a questa epoca della narrazione, credo utile e interessante per i lettori dare qualche breve cenno sulla Congregazione dei Canonici Regolari Lateranensi, i quali da quell'anno 1500 entrarono nella vita e nell'ambiente trevano, del quale furono — direi quasi — parte integrante per ben trecento anni. Onde la loro memoria si ricollega non soltanto alla storia di questa chiesa, ma anche a quella dell' intero comune. Il ciclo storico dei canonici regolari, dai quali ebbero origine quelli che, più tardi, assunsero la denominazione di «Lateranensi», può molto sommariamente, dividersi in tre grandi periodi. I° periodo - dal sec. IV al sec. XI. In quell'epoca vivevano in comune con i vescovi, nelle abitazioni adiacenti alle cattedrali, alcuni sacerdoti, che si dedicavano esclusivamente all'esercizio del culto. Essi osservavano alcune regole di ____________________________ (1) Op. cit. pag. 797. (2) Op. cit. pag. 28. (3) Ms. cit. f. 233. (4) Atti capit. dei C. R. L. sub anno. in Archivio di S. Pietro in Vincoli. (5) » » » » Cod. 138.4-K della Biblioteca Classense di Ravenna. f. 47). (6) Archivio di S. Pietro in Vin c o l i , Atti capitolari , sub anno.
E si chiamarono «canonici» perché — secondo alcuni — i loro nomi erano iscritti nel «canone» o matricola degli addetti al ministero particolare di una data chiesa (3). La qualifica di «regolari» venne più tardi.
* * * II° periodo - dal Sec. XI al sec. XV.
Questo incomincia con uno spirito di decadenza generale. Molti canonici, cui la pietà dei fedeli aveva permesso di costituirsi, con l'andare del tempo, patrimoni più o meno vistosi, preferirono la vita privata, abusando. così delle concessioni loro fatte dal Concilio di Aquisgrana, redatte ai tempi dell'imperatore Ludovico «il pio» (816-817) e tuttora in vigore (4). Non tutti i canonici, a dir vero, assunsero il nuovo tenore di vita: poiché molti, rinunziando al possesso personale dei beni, rimasero fedeli alla vita comune e furono detti i «rinunciatarii» (renuntiantes). Al generale decadimento opposero energica resistenza e rimedi efficaci i Papi, che regnarono dal secolo XI in poi. E tra essi meritano speciale menzione, Nicolò II, Alessandro II, il grande Gregorio VII, Urbano II, Pasquale II e Callisto II. Sotto le loro cure indefesse l'istituzione canonicale arrivò ad una prosperità mai raggiunta fino allora. Accanto alle cattedrali, dove quasi esclusivamente, era prima praticata la vita comune, sorsero in numero considerevole priorati e prepositure di canonici, chiamati «regolari», per distinguerli dagli altri, che continuarono a vivere vita privata e furono, perciò detti «secolari». Tra le cattedrali, così riformate, giunsero a celebrità — per non parlare che dell'Italia — S. Giovanni in Laterano a Roma ed i priorati di S. Frediano a Lucca, di S. Maria di Reno a Bologna, di S. Maria in Porto a Ravenna, e la prepusitura di S. Croce a ____________________________ (1) S. Ambrogio. Epist. 63, Edictio Benedictina, To. 29, pag. 1038. (2) Eusebius Amort, Vetus disciplina Can. reg. et saecular: Venetiis. 1747, To. I, pag. 158. (3) Fofi D. Federico, I Canonici Regolari, Roma, 1909, pag. 7. (4) Bullariurn Lateranense. Roma, 1727, p. 100.
Ai vecchi statuti seguirono le nuove regole. Celebre, tra esse, quella «Portuense» composta dal fondatore del priorato di S. Maria in Porto, presso Ravenna, Pietro «Peccatore», sul principio del secolo XII (1). Essa fu seguita non solo dai canonici portuensi, ma anche da quelli di molte cattedrali e di molti priorati. Altri canonici osservavano statuti speciali, che, però non differivano essenzialmente da quelli «portuensi». Nello stesso tempo i documenti fanno menzione della «Regola di S. Agostino». Essa non è altro che una parte di una lettera (Ep: 211) indirizzata dal santo alla sorella, che era preposta alla direzione di una casa di sacre Vergini in Ippona. La lettera contiene in poche parole, tutto lo spirito informatore della vita comune (2). A quanto pare, questa regola fu da principio volontariamente abbracciata da varie case di canonici regolari; ma fu solo verso la metà del secolo XII che i documenti pontifici l'imposero come re-gola ufficiale. Col secolo XIV, anche per la difficile situazione della chiesa cattolica, incominciò di nuovo a declinare l'osservanza della vita regolare dei canonici. Benedetto XII ordinò una nuova riforma con una sua bolla del 15 Maggio 1329 (3), che però non ebbe grande, né duraturo successo. Quando scoppiù il grande scisma (1338), le numerose case dei Canonici Regolari, come i monasteri di tutti gli altri ordini, precipitarono verso la totale distruzione. La disciplina scomparsa, i beni dilapidati o dati in commenda ad alti dignitari della chiesa, non sempre meritevoli !
* * * III° periodo - dal sec. XV in poi.
Col principiare del secolo XV i Canonici Regolari iniziarono essi stessi una riforma la quale, se fu meno vasta di quella del secolo XII, ____________________________ (1) Amort, op. cit.To. I, pag. 283. (2) dà: op. cit. Pag. 133. (3) In un Motu proprio di S. Pio V, del 19 Decembre 1574 ? detto che i Canonici Regolari Lateranensi derivano addirittura dagli Apostoli (Ab Apostolis originem traxerunt) e che furono nuovamente ridati al mondo con la riforma di S. Agostino. E ciò dà ad essi il diritto di precedenza su tutte le corporazioni religiose. (Bilioteca Casanatense Editti. To, 1, N, 298):
Tra le case di Canonici Regolari, che sorsero nei secoli precedenti, erano quella di S. Ambrogio di Gubbio e quella che prima fu di S. Maria di Reno, presso Bologna, e più tardi trasferita presso la chiesa di S. Salvatore di quella città. Nel 1418 avvenne la riunione di queste due case approvata con bolla di Martino V del 19 Decembre 1419. Altre riunioni avvennero in seguito e si formò così la «Congregazione Renana». Poco tempo prima D. Leonardo Ghirardini da Carate, e D. Taddeo da Bagnasco, Canonici Regolari di S. Pietro «in cielo d'oro» di Pavia, iniziarono un'altra riforma di Canonici Regolari; e la congregazione che ne sorse, fu chiamata «di S. Maria di Frigionaia» dal nome della prima casa riformata e situata nel territorio di Lucca. Bonifazio VIII nel 1299 aveva eliminati dal Laterano i Canonici Regolari, che esercitavano il culto divino della basilica del S.S.mo Salvatore, ed al posto di essi sostitui un capitolo di Canonici secolari. Eugenio IV, invece, nel 1439, fece perfettamente il contrario; ed, eliminati i canonici secolari, mandàal Laterano quelli di S. Maria di Frigionaia e concesse che la loro congregazione si chiamasse d'allora in poi «Lateranense». Da quell'epoca le due congregazioni sorelle, la Renana e la Lateranense, si estesero in tutta Italia, giungendo a prospera floridezza, sia per il numero dei loro affiliati, sia per l'insigne merito di alcuni di essi. Successivamente, nella seconda metà del '400, Sisto IV, cedendo alle pressioni del clero secolare, tolse di nuovo e definitivamente la chiesa del Laterano alla Congregazione dei Canonici Regolari, per condurvi nuovamente un capitolo di canonici secolari. Ai primi concesse, però che potessero continuare a portare il nome di «Lateranensi»; ed affidò ad essi la chiesa di S. Maria della Pace, in Roma da lui recentemente fatta costruire. E questi, appunto, furono i canonici — che in alcuni atti vengono impropriamente chiamati «i frati» di S. Maria della Pace — che nel 1500 presero possesso della chiesa delle «Lagrime». Per completare questa molto schematica storia della Congregazione Lateranense, dirò che questa e la Renana continuarono a vivere con varie vicende, fino all'epoca della soppressione napoleonica del 1798. Sotto il pontificato di Pio VII, nel 1823, le due congregazioni,
* * * Ora, per la storia, della nostra chiesa e richiamando le parole del cronista Mugnoni, che ci dàla notizia dell'arrivo a Trevi di questa nuova famiglia di religiosi e che ce ne descrive anche la foggia del vestire, aggiungo, a completare le notizie del Mugnoni, qualche particolare, che mi sembra interessante. Accennavo più sopra che i Canonici Regolari vivevano secondo la regola di S. Agostino. Ma, per adattarla alla. pratica e per completarla nei più minuti accessori. furono più tardi redatte le così dette «Costituzioni». Quelle della Congregazione Lateranense furono approvate nel capitolo generale di Bologna del 1453, modificate poi ed adattate, nei secoli successivi, ai tempi ed ai luoghi. Tra le altre disposizioni di quelle «costituzioni» troviamo con molta cura indicato quale doveva essere l'abito prescritto ai Canonici. È detto, che distintivo caratteristico di essi è il «rocchetto» di candido lino, che scendeva oltre a mezza tibia. E molti sanno che da questo indumento venne ai Canonici Regolari Lateranensi l'appellativo popolare di «Rocchettini». La tonaca era bianca, con abbottonatura dal collo al petto, lunga fino ai talloni, di panno modesto: ma decente. Su di questa era una cappa nera, aperta dal petto in gia con un piccolo cappuccio. In viaggio la cappa doveva portarsi sempre, mentre in coro si usava solo dal 14 Settembre. alla Pasqua. Anticamente i canonici usavano anche un berretto nero, che — quasi come il camauro dei papi — copriva anche le orecchie. I conversi non portavano né cappa, né berretto, ma un abito di canovaccio, con una cintura di cuoio o di stoffa ed una «pazienza» o scapolare di canapa, largo mezzo «braccio veneziano»; e, sopra, un mantello aperto alle braccia. Di queste notizie, che taluno crederà estranee al soggetto principale del mio scritto, avrà occasione di dimostrare, invece, l'utilità quando lo verrà a descrivere alcune delle pitture che decorano la nostra chiesa. Particolare nuovo e curioso: i canonici dovevano portare un pugnale, che faceva parte — dirò così — della uniforme. Doveva essere ____________________________ (1) Cfr Cenni Biografaci del B. Arcangelo Canetoli. Bologna, 1912, Tip. Arcivescovile, pag: 13 e seggg:. (Anonimo, ma: D. Nicola Widloecher C, R. L.).
I religiosi, entrati in congregazione, dovevano abbandonare il loro cognome, come in altre religioni. E fu vietato in seguito, di apporre nelle chiese o nei monasteri nomi e stemmi di canonici e di prelati; cioè di coloro che nella congregazione rivestivano qualche dignità. E questi prelati erano: il Rettore generale, il Procuratore, i Visitatori, i Definitori, gli Abati, i Priori, i Preposti, etc:. I capitoli generali, cioè le riunioni di tutti i superiori generali e di quelli di tutti i conventi, si tenevano prima una volta all'anno, poi ogni tre anni; e negli intervalli si adunavano le «diete». A tutti questi consessi era affidata la decisione di ciò che riguardava gli interessi spirituali e materiali della congregazione. Gli atti relativi, che esistono completi dal la metà del '400 ad oggi, sono la fonte più ricca per la storia di questa Congregazione, che vanta tra i suoi membri gran numero d'illustri personaggi e che. nei secoli, ha, sempre conservata gelosamente — oltre allo spirito evangelico — la propria e caratteristica di «distinzione» e di coltura, che ne forma una delle doti più apprezzabili. ____________________________ (1) Constitutiones etc:. Cod: membr: del 1453 —Pars I — Cap: 34 ss. — (in Archivio di S. Pietro in Vincoli): «Gladium gerimus humilem et honestum, palmam manus nos excedentem et vagina honesta conclusam, in quo nulla vanitas appareat». Come in ogni cosa umana, si ebbero col tempo a lamentare a questo proposito gravi inconvenienti; tanto che nella «Dieta» — ossia adunanza dei priori dei principali conventi — tenutasi a Ravenna il 20 Maggio 1590, si lesse una lettera del cardinale Marcantonio Colonna, protettore della Congregazione, che invitava la «Dieta» a proibire che si portasse il pugnale dentro il convento; ma solo in viaggio e che non fosse più lungo di quanto prescrivono le «costituzioni». E così fu deliberato. ciò fu perché poco prima, un D. Fulgenzio da Venezia aveva ucciso il confratello D. Callisto da Verona Il reo fu sospeso «a divinis», interdetto a vita e condannato a venti anni di carcere, dalla stessa «dieta». (a) Sembra, però che la necessità di armi fosse assai sentita — per forza di cose — da questi come, forse, da altri religiosi. Il vescovo di Rossano, Giambattista Castagna, govevatore di Perugia, informava con sua lettera del 28 Aprile 1559 il cardinale Alessandrino di aver fatto prendere un «frate» dei Canonici Regolari di S. Pietro in Vincoli di Roma, perché portava «un archibusetto» sotto la veste; e di aver rilasciato il «frate» per paura delle pene stabilite per chi sottrae qualcuno al tribunale competente. Domanda che cosa deve fare. (b) (a) Cfr: Acta capitularia Lateranensium — in Biblioteca Classense, di Ravenna — Cod: 139 - 4 K, f: 159. (b) Fumi L. — L'epistolario dell'arcivescovo di Rossano etc: In: Boll: della R. Deputazione di Storia patria per l'Umbria — Vol: XIII, fasc: I — pag: 92.
E qui desidero che il lettore non ritenga questa breve esposizione di fatti e di dati intorno a quest'istituto religioso come una inutile digressione. Ho volutamente — perché il mio modesto lavoro fosse il meno incompleto possibile — dare, almeno per sommi capi, notizie di questa Congregazione alla quale i nostri avi vollero — dopo tante trattative e tante ricerche — affidare il santuario delle «Lagrime». E nel corso del mio scritto avrà più volte occasione di richiamare le cose dette su tale argomento. Credo, poi, non inutile aggiungere che la maggior parte delle notizie da me riferite sono del tutto inedite, e che una storia veridica e documentaria di questa Congregazione ancora non è stata pubblicata; poiché quelle redatte nei secoli passati risentono troppo dei molti difetti dell'epoca |
(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclèe, 1928 — pagg. da97 a 110) |
Ritorna alla pagina indice Ritorna alla pagina Chiesa delle Lacrime
086
Associazione Pro Trevi - I-06039 TREVI (PG) E-mail: protrevi@protrevi.com © 1996-2023 by F. Spellani |
Grafica e gestione: Explica s.r.l. Aggiornamento: 22 novembre 2020. |