Ci sono tanti modi per conoscere il mondo. Gli occhi dello scienziato
ne scrutano le profondità per trovare leggi generali, il matematico si
inquieta perché ciò che sembrerebbe frutto della sua mente corrisponde
forse alle regole delle cose, il filosofo guarda il mondo cercando di
dare un senso ai tanti perché, l'artista lo guarda per cercare sintonie
con la sua anima, il religioso vi cerca i segni della presenza del suo
dio, il bambino vi cerca il senso della sua meraviglia, il vecchio la
mappa dei suoi giorni.
Ognuno, a suo modo inventa un metodo di conoscenza, cattura dal mondo
un gran bagaglio di immagini, di suoni, di rumori, stabilisce leggi sue
che poi magari l'esperienza mette in crisi e che costringe a riformulare.
Tali stereotipi fanno parte della nostra vita, sono il fondamento delle
nostre conoscenze, giusti o sbagliati che siano, costituiscono un po'
la rampa di lancio per agganciare ogni nuova conoscenza Noi, a scuola
possiamo aprire una finestra in più sul mondo, la finestra delle finestre,
se vogliamo, quella che ci apre l'infinita possibilità di osservare le
cose e ci dà il gusto del gioco di osservarle in tanti modi diversi.
Da questa consapevolezza è nata l'idea di costruire un ipertesto con le
esperienze fatte in due anni di lavoro, due anni intensi per il nostro
istituto che si prepara all'autonomia.
Aprire gli occhi su ciò che ci circonda, sulle cose che abitualmente sfioriamo,
tocchiamo, alle quali gettiamo non più che un'occhiata distratta è fondamento
anche per capire noi stessi, la nostra dislocazione nell'universo delle
cose, per dare anche una direzione al nostro cammino nel tempo.
E se ad aprirsi, come nel nostro caso, devono essere gli occhi di un adolescente
ecco che il percorso diventa impervio ed insieme affascinante. Scoprire
che ogni parte del più insignificante dei fiori, del più tenue dei segni
su un muro, della strada calpestata distrattamente tutti i giorni racchiude
in realtà universi sconfinati, sentieri infiniti che è entusiasmante percorrere,
memorie di tempi lontani che sono la fonte per capire l'oggi, è forse
il senso più profondo dell'educare oggi. In questi universi ci siamo avventurati
con i nostri ragazzi, per quei sentieri ci siamo incamminati con loro,
a quella fonte abbiamo bevuto insieme riscoprendo insieme la meraviglia
dell'inatteso, l'inesauribile capriccio di dare un nome a tutte le cose,
l'ansia della scoperta.
In tutto questo cammino abbiamo toccato con mano l'artificiosità di certe
barriere culturali che sembrano alzare mura insormontabili tra i saperi,
quasi che la conoscenza del mondo debba essere per forza chiusa in settori
angusti e tra loro scarsamente comunicanti. L'esperienza svolta ci indica
invece, ancora una volta, che l'orizzonte della cultura e della nostra
civiltà è quello dell'apertura dei confini dei saperi e delle conoscenze
perché, se è vero che il nostro obiettivo è quello di formare cittadini
consapevoli ed uomini completi, è altresì importante che la proposta della
scuola sia indirizzata verso l'acquisizione di competenze complesse non
chiuse o limitate da recinti posticci.
Lo sguardo di questo progetto è lo sguardo di chi cerca e non esaurisce
mai la sua ricerca e questo vuol essere anche un auspicio perché il cammino
della vita dei nostri ragazzi sia un cammino che non si esaurisca mai
alle apparenze o alla superficie dei problemi, ma sappia scendervi dentro
con consapevolezza e anche con la forza di chi sa di potersi rimettere
in discussione.
Per questo il nostro cammino tra le "piccole cose" che ci circondano e
che fanno parte del nostro quotidiano è stato un cammino non solo di conoscenza,
ma anche di affetto: abbiamo scoperto, forse che le cose possono essere
conosciute con la ragione, ma anche con il cuore.
Non è da qui che deve partire ogni seria educazione che punti a far acquisire
negli allievi il rispetto per la natura e per l'ambiente?
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