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Palazzo Valenti di Rivosecco
(ora Meloni – Zappelli Cardarelli - Contessa)

  

Palazzo del migliore Cinquecento di Trevi.

Il magnifico portale "arcuato architravato ha negli spicchi a rilievo due volti virili di sapore classico e negli stipiti, entro due clipei due volti muliebri piuttosto consunti. In quello destro sono graffite con una punta le date 1551 e 1556.

Le eleganti finestre al primo piano ripetendo lo schema del portale, hanno negli spicchi gli stemmi dei valenti e quelli delle famiglie con cui si erano imparentati, a cominciare dalla prima dietro l’angolo verso S. Francesco, tutti eguali fino alla 5ª finestra; la sesta reca a fianco degli stemmi, diversi dai precedenti, le scritte: LAELIUS VALENS e OCTAVIA ATTAVANTES; la 7ª LAELIUS VALENS e ORTENTIA THOMASONA. All’interno, pittoresco cortile con scala coperta, loggia e pozzo, con alcune porte incorniciate e tutte con gli stemmi di famiglia." (Nessi).

Caratteristico e comune a molte altre case è il sedile, che qui è ancora intatto.

Lo spigolo di nordovest in bugnato di mattoni fino al marcapiano, proseguiva poi con lo stesso motivo dipinto fino in cima, come da resto evidente ormai solo nella parte più alta.

Degno di conservazione, a prezzo di un lieve restauro, è il sistema di prelevamento di acqua dalla cisterna, possibile direttamente da più finestre, tramite carrucole doppie e un complesso di guide in tondino di ferro.

Le differenti iscrizioni sugli spicchi delle ultime due finestre stanno a dimostrare che la costruzione di un edificio di questa mole veniva protratta per diversi anni, infatti riportano i cambiamenti di stato civile di Lelio Valenti che, nel periodo intercorrente tra la realizzazione delle due finestre, era rimasto vedovo di Ottavia Attavanti deceduta nel 1576 e si era risposato con Ortensia Tomassoni. Ma Lelio Valenti a sua volta era l’erede di coloro che avevano iniziato la costruzione, la quale pertanto si protrasse per più generazioni.

Il palazzo fu costruito dalla famiglia Valenti - illustre non solo in patria - e precisamente dal ramo più antico, che vantava gli antenati diretti nelle più antiche tombe della vicina chiesa di S. Francesco e perciò chiamato anche Valenti di S. Francesco.

Domizio e l’abate Alessandro, figli di Sforza Valenti, cominciarono la costruzione nel 1545 ma, come detto sopra, nel 1576 non erano ancora terminate le rifiniture esterne del piano nobile.

Nel 1680 fu rifatta tutta la parte nord verso S. Francesco; nel 1735 Ludovico Valenti vi fece edificare una cappella domestica e nel 1745 sistemò tutto il piano superiore.

Nelle pianelle della gronda sopra l’ingresso principale e sul lato nord si leggevano le date degli interventi sul tetto:

A 1738 D

e sotto:

1841
R

 

Nell'ultimo restauro del 2000-2001 le suddette pianelle sono state spostate nella gronda della facciata nord (verso S. Francesco) e ne è stata aggiunta un'altra con la data "2000".

Nel 1832 questo magnifico palazzo ospitò provvisoriamente il Collegio Lucarini poiché la sua sede era stata danneggiata dai terremoti del 1831-32 e in attesa di trasferirsi definitivamente nel vicino convento francescano.

Tra i nobili Valenti che abitarono questo palazzo è doveroso ricordarne alcuni che ricoprirono cariche prestigiose e resero memorabili servigi alla patria.

L’abate Alessandro ottenne il titolo di conte di Riosecco, titolo confermatogli poi da Pio IV e Pio V, che nel 1560 gli concesse anche la trasmissibilità ai nipoti, tra cui il Lelio sopra ricordato e ai loro discendenti. Alla sua morte lasciò erede dei suoi beni la confraternita delle Misericordia. Riposa nella tomba marmorea che decora la chiesa di S. Giovanni.

Ludovico, vescovo di Rimini, eletto alla porpora cardinalizia da Clemente XIII nel 1770, migliorò i terreni agricoli sottostanti il colle di Trevi con lo scavo del canale Alveolo derivato dal Clitunno. Quei terreni fertilissimi, denominati "Canapine" dalla preponderante coltura della canapa, alla fine del secolo scorso furono quasi tutti riconvertiti alla produzione di ortaggi, fra cui l’apprezzatissimo sedano nero di Trevi.

L’ultimo possessore, Paolo canonico di S. Emiliano, ospitandovi il Collegio, legò il nome del proprio casato alla benemerita istituzione che ha permesso a molte generazioni di trevani di poter intraprendere gli studi superiori al pari di loro coetanei abitanti in città ben maggiori.

 

Notizie tratte da:
Silvestro Nessi, Trevi e dintorni, Spoleto, 1979. (2a edizione, 1991)
Durastante Natalucci, Historia universale ... di Trevi, 1745, Todi, 1985.
Carlo Zenobi, Storia di Trevi, 1746-1946, Todi, 1987.

699-z01

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