Fabio Servili
Pittore
la
Critica e la Stampa
La serie ittica richiede una particolare attenzione: in
primo luogo la magia di far navigare ancora i personaggi acquatici sulla tela
trattata con rughe di ombre aspre, un richiamo implicito alla navigazione della
vita.
I
pesci poi non corrispondono alla decodifica tradizionale di questi protagonisti
che fanno continuamente yoga respirando con le branchie, ma si stagliano sulla
superficie con immagini poliedriche che sembrano continuare un braccio di ferro
con le cose e sfuggire a qualsiasi esca per riprendere la loro burbera libertà.
Per
i paesaggi Fabio Servili pone di nuovo la domanda che si è sempre affacciata
dalla cornice del quadro: - Siamo noi che guardiamo il paesaggio od il paesaggio
che guarda noi? In primo luogo i girasoli, confezionati secondo un nuovo modulo
artistico collettivo, arrivano a stormi ed assalgono lo spettatore con i flashes
gialli allineati: nessuna tragedia, scorrono inesorabili come i pippoli del
pallottoliere calendario e nessuna tragicità alla Van Gogh: si tratta del
suicidio quotidiano delle ore che marciano implacabili nella loro uniformità
impiegatizia, per gli impiegati della vita naturalmente, non nel senso
lavorativo ma esistenziale.
Le case poi si trasformano in cose sospese nel loro silenzio metafisico, le proporzioni severe, con parallelepipedi, che sembrano inesorabili nel chiedere l'affitto, con porte e finestre a muso duro, sono addolcite, permeate dalla espansione cromatica del colore pastello che accarezza le superfici e le conduce docili al loro appuntamento con le piazze; gli scorci; i tramonti.
CRISTIANO MAZZANTI : Critico letterario e critico d'arte
Accenni critici
Fabio Servili, sulla terra o sull’acqua, riesce a captare il silenzio magico, a volte panico, della natura ed il pennello intuffato, in colori originali, si trasforma in carezza di ammirazione.
Per i paesaggi Fabio Servili pone di nuovo la domanda che si è sempre affacciata dalla cornice del quadro: - Siamo noi che guardiamo il paesaggio od il paesaggio che guarda noi? In primo luogo i girasoli confezionati secondo un nuovo modulo artistico collettivo, arrivano a stormi ed assalgono lo spettatore con i flashes gialli allineati: nessuna tragedia, scorrono inesorabili come i pippoli del pallottoliere calendario e nessuna tragicità alla Van Gogh: si tratta del suicidio quotidiano delle ore che marciano implacabili nella loro uniformità impiegatizia, per gli impiegati della vita naturalmente, non nel senso lavorativo ma esistenziale. Le case poi si trasformano in cose sospese nel loro senso metafisico, le proporzioni severe, con parallelepipedi, che sembrano inesorabili nel chiedere l’affitto, con porte e finestre a muso duro, sono addolcite, permeate dalla espansione cromatica del colore pastello che accarezza le superfici e le conduce docili al loro appuntamento con le piazze; gli scorci; i tramonti. Cristiano Mazzanti: Critico letterario e Critico d’arte 26/04/2009 |
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