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Proverbi Umbri raccolti da Oreste Grifoni

41-      GUERRA - RISSE – SOLDATI - POLITICA  (pagg. 119-121)

 

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Nota: Tra parentesi acute < > è riportato il numero della pagina.

 

1.

 

 - Se vê (viene, apparisce) la stella bella (la cometa) ecco la guerra.

 

 

 

 - Priestu a taôla e tardi in guerra.

 

3.

 

 - Chi va a la guerra, magna male e dorme in terra.

 

4.

 

 - A tiempu de' guerra 'gni sordatu passa.

 

5.

 

 - Pe' fa la guerra ce voiu' li sordati.

 

6.

 

 - A tiempu de guerra co' le bucìe ciarvordi la terra.

 

7.

 

 - Chi ha pôra de le palle' 'n vaghi 'in guerra.

 

8.

 

 - La guerra chi la vôle se la faccia.

 

 

La vogliono però tutti, qualora corrisponda a un grande e fortunoso ideale della patria. Allora schiere innumerevoli di volontari corrono esultanti ad essa, con le armi in pugno, come è avvenuto per la conquista dell'Etiopia, che la mente divina del Duce, ispirandosi ad alte considerazioni morali, economiche e sociali, ha additato alla nostra nazione. Si sono così formate schiere immense di volontari che, in epiche e rapide lotte hanno ripetutamente ributtato le forze avversarie sostenute e dirette da turpi coalizioni straniere e hanno issato il tricolore là dove il genio del Duce aveva, con ferma volontà, stabilito.

 

9.

 

 - Peste e guerra, stricano la terra.

 

10.

 

 - Chi mena pe' primu, mena du vorde.

 

11.

 

 - 'Gni pelle se fora, 'gni braccìu impugna.

 A tutti si può apportare la morte, ognuno sa, armarsi a propria difesa.

<120>

 

 

12.

 

 - Le femmene la lengua, l'omu le braccia.

 

13.

 

 - Chi cià la capoccia de vetru (o de ricotta) non faccia a botte.

 

14.

 

  - Li sordati de lu Papa 'n sò' boni a caccià 'na rapa;

     li sordati de lu Re (di Napoli) 'n so' boni a sta' a vedé'.

Tosc.

 

 - Soldati del Papa, otto a cavare una rapa; senza il sergente non son buoni a far niente.

 

Quasi tutte le genti italiche, non educate per interi secoli, agli ideali della patria, non esercitate alla milizia, e per di più malmenate, se avessero seguite idee diverse da quelle dei loro principi, si sono mostrate, per lungo correre di tempo, insufficienti e restie alle esigenze della guerra, sui campi di battaglia, e non hanno fatto sempre buona prova. Ma quando è brillato alle loro menti l'ideale infrenabile della libertà, di una patria da redimere e da farsi grande, son tornate ad essere degne degli antichissimi avi. Così, durante l'invasione napoleonica, mosse dal desiderio assillante di una patria da riunire, contribuirono animosamente a molte delle vittorie francesi ; come azioni gloriose e clamorose seppero compiere nelle guerre d'indipendenza e più tardi, sotto la direzione del Duce, in Africa, per la conquista dell'Etiopia, nella Spagna, per la repressione dell'insurrezione bolscevica, e, di nuovo, in Africa e i a Europa nella immane guerra che tuttora avvampa.

<121>

 

15.

 

 - Non serve che me paghi le fojette, ché tantu te le metto le manette.

 È la parola austera del carabiniere che compie, in nome della legge, il suo dovere, nonostante che gli si usino gentilezze.

 

16.

 

 - Chi non è bon sordatu 'n pô esse' bon borghese.

 Chi non sa moderarsi sotto la disciplina militare, quando sarà borghese si sentirà in diritto di farne di tutti i colori.

 

17.

 

 - La monarchia ce unisce, la repubrica ce divide.

 

18.

 

 - Chi fegne' (fingere) non sa, regnar non dêe.

 

19.

 

 - Oggi i re regnano e non governano.

 

20.

 

 - Chi serve lu guvernu non serve niciunu.

  In particolare non serve alcuno, ma in generale tutti. Non deve venir meno, adunque, in lui, in nessun modo, il sentimento del proprio dovere.

 

21.

 

 - Troppi magnapane! (impiegati) ; - e

 - Li troppi impiegati appiagano.

 

22.

 

 - Se magna tuttu lu governu!

 Il Governo trae molto dalle tasche del contribuente: è innegabile; ma è anche innegabile che meravigliosi e inenarrabili benefici esso ha saputo apportare all'Italia, sotto ogni rapporto, civile, militare, religioso, ecc.

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