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La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime XVII
LE CAPPELLE |
(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclée, 1928 - pagg. da 217 a 219) [ I numeri in grassetto tra parentesi acute < > indicano le pagine del volume originale. Le parole divise a fine pagina sono trascritte interamente nella pagina in cui iniziano] |
Ritornando nella navata grande, troviamo alla nostra destra e di fronte alla cappella dei Re Magi, quella che in altri tempi si disse e fu «la cappella di S. Caterina». Quale fosse la primitiva sua decorazione, non sappiamo. Qualche scarso documento ci dice che fu di patronato della famiglia di Tiberio Valenti (m. 1566) e suoi eredi. L'ultimo patrono fu un Pompeo di Bonaventura Valenti che, ritornato in patria, dopo esercitato con poca fortuna il mestiere delle armi, nelle truppe del duca di
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Era allora preposto delle «Lagrime» D. Matteo Nabruzzi, di distinta famiglia ravennate, il quale nel 1741 provvide a far decorare la cappella, come ora la vediamo. Secondo il Natalucci, la cappella fu fatta dipingere «molto vagamente»(1). Ma — per la verità — la decorazione è assai modesta. Si tratta di un prospetto d'altare, con quattro colonne a tortiglione, dipinte a marmo verde antico, ornate di rami d'alloro e di altre decorazioni barocche, come portava il gusto di quei tempi. Devo riconoscere tuttavia che si tratta di un lavoro sobrio ed eseguito con cura; i fiorami sono ben dipinti e le volùte non sono eccessivamente contorte; insomma un bel barocco, che attesta la buona volontà ed il relativo buon gusto del committente (2). Sull'altare era prima un quadro rappresentante S. Caterina. Ma quando. nel 1855 la chiesa fu affidata ai Padri Liguorini essi vi sostituirono in un grande dipinto la figura del loro fondatore S. Alfonso de' Liguori, inginocchiato dinanzi ad un altare, in atto di adorare il S.S. Sagramento.
* * * Il visitatore osserva che ai lati di questa cappella sono due rincassi vuoti, che mostrano il muro rustico. Erano prima qui due tele rappresentanti S. Cecilia e S. Caterina, vergini e martiri. Ora ambedue questi dipinti sono nella Pinacoteca comunale di Trevi. Ma poiché facevano parte della decorazione di questa chiesa, ne dò qui le immagini e la descrizione sommaria. S. Caterina d'Alessandria (Fig. 33) è in atteggiamento maestoso e dolce, ad un tempo. La mano destra è appoggiata sull'impugnatura di una grande spada snudata, che poggia con la punta su di un segmento della ruota a denti, che — secondo la tradizione — si ________________________ (1) Ms. cit. f. 244 (2)Per queste benemerenze il Nabruzzi fu confermato abate delle «Lagrime». Il procuratore generale dei Lateranensi, con sua supplica del 13 Marzo 1742 raccomandava alla Congregazione dei Vescovi e Regolari tale conferma, perchéil Nabruzzi si era «reso molto utile a quella assai tenue abbazia; ma ancora gli (sic) cagionerebbe nuovi vantaggi se nella stessa proseguisse». Il Nabruzzi era anche molto dotto. Nel 1726 era «lettore» ossia insegnante a S. Maria «in porto» di Ravenna. (Arch. S. Pietro in Vincoli. Registro delle suppliche etc; dal 1740 al 1745 f. 139). |
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La mano sinistra sorregge un grosso volume chiuso, forse il Vangelo. Il capo della santa, cinto di corona e circondato da aureola, è lievemente inclinato verso destra. Lo sguardo tranquillo e le fattezze gentili dànno alla figura espressioni di dolcezza devota e di fortezza d'animo; e le accrescono decoro le vesti riccamente drappeggiate. Il fondo — che ebbe a subire i danni dell'umidità — fu malamente restaurato in tempi non lontani. La S. Cecilia (Fig. 34) sorregge con ambo le mani un piccolo organo. La testa con aureola è inclinata a sinistra, e sulla nuca svolazza un nastro, che elegantemente tiene legata la capigliatura bionda. Su la tunica bianca scende il manto rossiccio, che va dalle spalle al tallone sinistro, mentre sulla destra è sobriamente drappeggiato e sorretto dalla mano. Ai piedi della santa sono un cembalo, un flauto ed un libro di musica aperto. Queste due figure sono grandi poco meno del vero. Le tele misurano m: 1,50 X 0,50. Di esse è ritenuto autore lo Spagna. Ma per il fatto che sono dipinte a tempera su tela, tecnica questa assai rara in quel pittore, si volle da taluno affacciare l'ipotesi che si tratti di opere di qualche suo allievo o piuttosto imitatore. Manca ogni documentazione in proposito; e poiché queste opere — per quanto pregevoli. non sono di eccezionale importanza — nessuno dei critici che ne ha data la descrizione o la notizia si è preoccupato di ricercarne l'autore. Onde io farò altrettanto accettando e ripetendo la tradizionale attribuzione allo Spagna. Sarei stato ben lieto di poter accogliere il parere del Burckhardt che vede in queste tele il ricordo di opere giovanili di Raffaello. Ma non mi sembrano molti, né attendibili i dati di riferimento ed i termini di confronto (1); nonostante che anche il Layard veda in queste tele l'influenza raffaelesca (2). ________________________ (1) G. Burckhardt. Der Cicerone, Lipsia, 1893, pag. 602. (2) Austen Henry Layard. The italian school of painting. London, Murray, 1907. p. 244
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(Tommaso Valenti, La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime, Roma, Desclèe, 1928 - pagg. da 217 a 219) |
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