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SABATO 4 DICEMBRE 2004
- Tempo: dopo la chiusura della mostra itinerante sul Perugino divin pittore - Luogo: all’interno della chiesa della “Madonna delle Lagrime”, davanti all’affresco del Perugino - Personaggi: Il Perugino nel ruolo di se stesso e Corinna, operatrice museale, nel ruolo di sé stessa
Si accende la luce sul palco ed entra Corinna e in silenzio comincia a staccare i manifesti della mostra del Perugino. Subito entra il Perugino e….. P. perché tanta fretta? C. La mostra è finita. P. Ma il mio affresco è ancora lì, che parla con voi. C. Parlare, sarebbe bello parlare con lei! P. E perché no! Siediti … C. Questa mostra su di lei e le sue opere è stata molto interessante e veramente molto bella, piacevole. Ho avuto l’opportunità di studiare a fondo i suoi dipinti, la sua vita, ed è stata un’esperienza entusiasmante anche se a tratti faticosa. P. In effetti è stato stancante anche per me, soprattutto questo ripercorrere la mia vita in maniera così intensa … le persone che si sedevano e si beavano davanti alle mie opere, mi hanno ridato nuova vita … le persone che si avvicinavano per scrutarne i dettagli, osservare i colori, studiare le linee, hanno dato nuovo valore alle mie fatiche. C. Le ha dato soddisfazione questa mostra itinerante? P. Si, immensamente! Ho un’unica paura ora che la mostra è finita: quella che l’interesse, finora tenuto alto, sulla mia persona e sulla mia arte si spenga nuovamente. Desidero che questa mia rinascita venga utilizzata per non essere mai più dimenticato e sottovalutato. C. Mi pare di capire che l’essere ricordato è per lei di fondamentale importanza? P. E’ l’immortalità. Devi capire che per un’artista l’immortalità è l’eternità che è dentro ogni sua opera, e per questo lavora e sacrifica tutta la sua vita, non è solo passione. Baratta la sua vita terrena con una vita eterna. C. Molti hanno criticato il fatto che lei ripetesse i suoi personaggi e gli schemi compositivi. P. Lo so! Purtroppo questo è accaduto anche a mio tempo. Durante l’apprendistato a Firenze nella bottega del Verrocchio, nel 1470-73 ci è stato insegnato a realizzare ed utilizzare i cartoni a spolvero ( queste sagome a grandezza naturale di personaggi e decori, utilizzati per realizzare nel minor tempo possibile il disegno sull’intonachino fresco e garantire quindi velocità nell’esecuzione). Talmente belli erano i miei cartoni, che i committenti li hanno richiesti e pagati per anni. Ad un certo punto, si sono stancati, quello che prima gli piaceva, non piaceva più e quindi mi hanno abbandonato. C. Dalle “Vite…” del Vasari, risulta che lei era una persona avida ed anche burbera, se non antipatica addirittura. P. Tanto per iniziare, personalmente credo che il Vasari si debba ritenere fortunato, del fatto che io non abbia scritto della sua vita. Proseguendo, se fossi stato poi così avido e venale come attesta il Vasari, non sarei morto da solo, nella sacrestia della piccola chiesa di Fontignano, al lume di una candela, nel 1523. Sono stato per tutta la vita un instancabile lavoratore ed un ottimo organizzatore, sono riuscito a tenere due botteghe aperte contemporaneamente, lavorando ed insegnando ai miei allievi, allievi della levatura di Raffaello, gli ho insegnato la tecnica del chiaro/scuro e dell’ombreggiatura. Lui era un ottimo allievo, anche se nel momento in cui ho perso il mio prestigio mi ha abbandonato per seguire Michelangelo. Ho avuto allievi come lo Spagna, molto bravo. L’allievo migliore che ho avuto è stato Andrea d’Assisi, detto l’Ingegno. Mi commuovo ancora quando penso a lui. C. E’ rimasto cieco, vero? P. purtroppo sì, è stato costretto ad abbandonare la pittura ancora giovane. C. Tornando alle affermazioni del Vasari… P. E’ necessario dire, come è noto, che io personalmente, al Vasari ero antipatico, anche se in molti passi sulla mia vita è stato costretto ad elogiarmi. Secondo me, la mia immagine di persona, da questo testo ne esce deformata, perché non c’è stata la volontà di descrivermi e capirmi come personaggio inserito in quel periodo storico e circondato da colleghi di lavoro eccelsi e molto furbi. C. Va bene, ma non polemizzi su tutto! P. Sei forse una discendente di Giorgio Vasari ? C. No, ma forse lui ha semplicemente riportato l’immagine che lei dava di sé. P. Non ho lavorato una vita intera per far si che tu e i tuoi contemporanei mi riteneste un simpatico burlone, ho dato l’anima per essere ricordato come uno dei più grandi pittori e maestri del Rinascimento italiano. C. Comunque, secondo me, lei è un iracondo. P. Non è affatto vero! C. Ne è sicuro? P. Sì! E non darmi del lei, mi fa sentire vecchio. C. Scusa Pietro! P. Bé! Pietro, forse è troppo confidenziale, in fondo ho qualche anno più di te. E’ sufficiente che mi chiami Maestro. C. Va bene, Maestro, comunque sta tergiversando e non mi ha ancora risposto. P. Hai ragione! Questa “venalità” che esce fuori dalla narrazione della mia vita è dovuta al fatto che io, spesso ho denunciato chi non mi dava quanto pattuito in danaro. Io sono stato una persona onesta e giusta nel lavoro, quindi ho ritenuto opportuno, utilizzando delle mie conoscenze, esigere quanto pattuito all’inizio dei lavori. Non è stata pignoleria, la mia, anche perché spesso mi sono ritrovato a lavorare in cambio di una zuppa e un letto di paglia, come mi è successo a Cerqueto quando affrescavo il S. Sebastiano nel 1478. C. Allora, nonostante tutto, non ha vissuto una vita di agi? P. Assolutamente, anzi, contandole, nella mia vita ho avuto più periodi di ristrettezze, che di opulento benessere. C. Mi parli di sua moglie. P. Chiara, ... Chiara Fancelli. L’ho sposata nel 1493, era veramente molto bella, era più giovane di me. Con tutti i lavori che ho fatto ... il mejo maestro d’Italia (scriveva appunto il Vasari), ed io, il mejo maestro d’Italia, non sono riuscito a dare una casa confortevole a questa donna….lei mi ha dato 5 figli, io non sono riuscito a starle vicino, come avrei dovuto, nemmeno quando lei è morta di tisi ... A volte, le acconciavo i capelli per poter studiare le acconciature e riproporle nei personaggi femminili dei miei dipinti, era una forma d’arte … ed era una sensazione piacevole. C. Nel 1494, prese il potere il Savonarola, un potere teocratico. P. Che periodo terribile! Abbiamo dovuto cambiare la maniera di rappresentare le figure nei dipinti: le madonne più austere, senza acconciature ricercate e con abiti larghi e semplici nella fattura……(scuote la testa). Per esempio, il ritratto di Francesco delle Opere, l’ho dovuto dipingere con le mani in primo piano, non perché mostrasse il cartiglio, ma perché attraverso le mani si poteva dare un’interpretazione psicologica del personaggio ritratto. C. Interessante! P. Ho fatto molte cose interessanti ed alcune superlative, come gli affreschi al Collegio del Cambio a Perugia, nel 1500….(momento di auto-compiacimento), gli affreschi nella Cappella Sistina, dei quali ho diretto anche i lavori, nel 1480-82. Lo studio sul paesaggio e sulla prospettiva, lungo ed impegnativo, per riuscire ha dare armonia compositiva tra questi due elementi. I volti e le figure devozionali dei miei dipinti con i quali ho realizzato i miei cartoni , sono stati ottenuti dopo innumerevoli studi attraverso altrettanti disegni. Ho inserito e creato delle innovazioni compositive nei miei dipinti. L’idea di mettere la Madonna seduta con il bambino, in piedi su di un ginocchio, è stata mia. La pittura per me, non è stata più semplice trascrizione della bibbia in immagini, ma ho voluto trasmettere delle emozioni, non più delle nozioni. Ho creato un dialogo sereno, tra le figure e l’osservatore. Dopo anni di studio, quindi, ho tolto tutti gli elementi di distrazione dalle mie composizioni, accennando appena il paesaggio, pur lasciandone la profondità, al fine di dare la sensazione all’osservatore di poter andare oltre al limite visibile. C. Un’ultima curiosità Maestro: lei era ateo come si suppone? P. Lo sai, non me lo ricordo più. C. Lei è molto furbo Maestro. Vuole aggiungere qualcosa, su questo affresco in particolare? P. Si, è proprio il caso: quello che mi ha dato maggior fastidio è che un affresco maturo, dove al suo interno ci sono le linee essenziali di uno studio continuo ed ininterrotto, di un’essenziale visione dello spazio, di un tratto di colore quasi impressionista, di straordinaria luce nei colori, risultato di esperienza e ricerca frutto di tutta una vita, venga spesso considerata opera ripetitiva e povera di un vecchio stanco e malato. C. Grazie di tutto Maestro, è stato istruttivo e piacevole parlare con lei. P. Lo credo bene! Grazie Corinna, grazie a te e a tutte le persone che mi hanno riscoperto, illustrato, studiato e analizzato, ma soprattutto a quanti hanno contribuito a farmi conoscere in maniera più attenta e meritevole nel mondo. Sono stato contento di aver rivisto tutte le mie opere riportate a nuova vita da professionisti e appassionati. C. Grazie a lei Maestro. P. Io ora me ne vado, vi lascio le mie opere, la mia eternità, attraverso di esse io continuerò a vivere e nel contempo ad essere testimone di un periodo d’immensa luce per l’Italia e l’Europa: il Rinascimento. Non dimenticatelo mai! C. Arrivederci Maestro! P. Arrivederci! _____________________________________________________ AUTRICE Si ringrazia per la
partecipazione straordinaria : Franco Gentilucci |
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