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Carlo Zappelli

Docente (Trevi, 25/1/1893  - Foligno, 21/4/1965)
 

Dal S. Michele a Vittorio Veneto, testo integrale

1- Commemorazione

 

2- Carriera e onorificenze militari

 

3- Curriculum civile

 

 

 

Notizie tratte dall'opuscolo a stampa nel primo anniversario della morte:
Carlo Zappelli
, Spoleto, 1966

Ritratto di Carlo Zappelli.

 

 

Dalla commemorazione dell'avv. Carlo Zenobi, allo scoprimento della lapide (ora 2005, scomparsa!) nella sua casa natale, il 13/6/1965.

 

 

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In questa casa il 25 gennaio 1893 nacque e vi trascorse la giovinezza Carlo Zappelli, eroico combattente della guerra 1915-1918, decorato con Medaglia d'Argento al V. M.

Umanista e docente insigne avviò più generazioni a sublimi idealità. La gente di Bovara, orgogliosa e memore, incide il di lui nome su questa pietra perché il suo esempio sopravviva nei tempi.

In questa casa: Ci sembra nel rileggere la frase iniziale che in questa pietra, o Bovaresi, il suo cuore ha voluto incidere, di rivedere il fanciulletto, riccio nei capelli biondi, esuberante nella vivacità della sua promettente giovinezza, uscire e rientrare in questa casa, per questa porta; riempire della sua fresca voce questa piazzetta, spesso deserta; entrare nella vetusta chiesa; offrire in spontanea generosità se stesso.

Storica e mistica questa contrada! Il mitico Clitunno che la lambisce, rendeva candida la vittima e dall'ara eretta su questo colle, fumigante in profumo di sacrificio, saliva, nell'antichità, verso l'Immenso la preghiera propiziatrice.

Qui si formò, nella prima giovinezza, Carlo Zappelli.

La mamma Menica (...come la ricordo, nelle mie più lontane rimembranze, la mamma Menica, nella apparente severità non disgiunta alla più sublime sensibilità materna; burbera ed insieme di una dolcezza che traspariva in ogni gesto) la mamma Menica ne guidava i primi passi. Il padre, Salvatore, della tempra forte e tenace degli uomini che vincono e piegano al loro volere ogni difficoltà (ad esso si intitola una via della nostra cittadina) plasmava il giovanetto alle più pure virtù civiche, in adamantina compostezza senza compromessi e cedimenti e con esso i suoi numerosi fratelli, tutti degni di lui.

La tradizione familiare istillava nel giovanetto solida e viva fede cristiana alla base della promettente vita.

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Trevi, Bovara, piazzale delle chiesa. Cerimonia scoprimento lapide Carlo Zappelli














Bovara - Cerimonia allo scoprimento della lapide commemorativa.
Il marmo che in questa foto si vede vicino allo stendardo è ora scomparso dopo i restauri post terremoto.

Generoso con i suoi coetanei, dolce e gioviale, sempre primo tra i primi, qui in Bovara si iniziò agli studi, che proseguì poi in Trevi (nell'allora istituto Collegio Salesiano) quindi a Torino, a Napoli, ed infine a Roma, ove brillantemente si laureò in chimica pura, disciplina difficile e da pochi eletta, cui aggiunse, nell'amore innato per lo studio, una vasta e profonda cultura umanistica.

Sempre riconoscente e devoto verso i suoi educatori, rimase particolarmente affezionato alla Famiglia Salesiana e fondò - e ne fu il primo presidente - l'Unione Ex Allievi in Trevi.

Il ricordo che la famiglia ha donato agli amici inizia così la sua dicitura: Sub Mariae Auxiliatricis praesidium. Lo ricorderemo sempre, noi ex allievi, nei nostri convegni, come il migliore di noi, come il più salesiano di noi, che della fede viva, schietta, interiore, composta, aveva permeato ogni sua azione. Commista a questa profonda base spirituale, ogni sua azione risultò pura e leale, forte, trasparente, dolce e decisa, improntata al bene comune, scevra da ogni egoismo.

Le belle virtù di cui facciamo adorno Carlo Zappelli non vengono, no, sia pure in parte, dall'indulgenza di cui si prodighi post mortem: le sue virtù passarono per il tragico vaglio della guerra.

L'uomo che sa di vivere con la morte a paro a paro non può più mentire nelle sue azioni, il suo spirito si trova nudo di fronte alle sue responsabilità, ai suoi doveri; le reazioni sono spontanee e si ritrova un pauroso o un forte. Agli estremi di questa gamma, estremi che questa volta è impossibile congiungere, si trovano la vigliaccheria e l'eroismo. Carlo Zappelli fu un eroe!

Non traggo questo convincimento solo dalla medaglia d'argento, che ci richiama ad un episodio, episodio fulgido, ma pur sempre episodio, quale ci narrato dalla motivazione che mi piace leggervi: Fronte di Villanova di Farra; novembre 1915: Durante un combattimento, essendo rimasto sepolto in batteria, fra i rottami dell'appostamento dei telefoni, colpito in pieno da una granata, non appena dissotterrato, con elevato sentimento del dovere, personalmente provvedeva all'impianto di nuove comunicazioni mantenendo inalterata l'efficienza delle batterie sotto il fuoco violento della artiglieria avversaria.

Chi ha fatto la guerra sa cosa significa l'efficienza dei collegamenti per l'artiglieria. L'allora giovane ufficiale Zappelli - appena ventiquattrenne - come sempre non indulge a sé stesso ed appena dissepolto, non importa se pestato e ferito, non importa se ancora il fuoco nemico non cessa di battere l'individuata piazzola, personalmente provvede a ristabilire il collegamento: non importa se con estremo pericolo della sua vita: egli sa che operando senza esitazione potrà salvare la vita di tanti commilitoni.

Della decorazione sul campo giunse notizia a Trevi ed il sindaco telegrafò al combattente: Riconoscimento solenne eroica condotta suo figlio diletto, Trevi esulta orgoglio materno.

Ho detto che non traggo convincimento dell'eroismo di Carlo Zappelli solo da questo pure impressionante episodio che sa di sprezzo della propria vita per potere salvare quella degli altri, ma traggo convincimento soprattutto dalla gloriosa vita del 37° artiglieria che il sotto-tenente Zappelli vide nascere per la guerra e che il capitano Zappelli vide disciogliere al cessar della guerra, dopo averne vissuto, giorno per giorno, il glorioso cammino, il glorioso calvario: l'eroismo per questo reggimento e per i suoi uomini pane quotidiano, dal San Michele a Vittorio Veneto.

Carlo Zappelli, con la sua obbiettività imperturbabile nella buona e cattiva sorte, con la sua prosa scevra di lirismo (eppure l'argomento ne continua occasione e tentazione) ricca invece del linguaggio severo delle cifre e delle date e dei riferimenti fotografici e dei nomi, traccia il cammino lento e insanguinato del suo reggimento.

lo storico che al disopra e al di fuori di se stesso, che visse le fortunose giornate, lascia a chi verrà e vuol sapere, l'esattezza degli avvenimenti.

Dalla lettura, appassionante, della monografia mi sono convinto che quando noi dicemmo che Carlo Zappelli fu un eroe, non dobbiamo fare riferimento solo ad episodi conosciuti, ma a tutta la sua vita di artigliere perché essa fu vissuta in continuo stato di eroismo.

Noi che, pur appartenendo alla generazione successiva, abbiamo avuto la ventura di onorarci della qualifica di combattenti ed abbiamo vissuto l'amore della nostra migliore giovinezza nelle trincee e nei campi di battaglia sacri alla Patria, ovunque essi siano stati, anche in suolo straniero, possiamo e sappiamo giudicare ed in questo momento il fante che ammira e ringrazia l'artigliere.

Udite! Leggo una pagina di Carlo Zappelli.

L'inferiorità delle posizioni che il reggimento doveva tenere (e fu così quasi sempre) e la sproporzione dei mezzi erano assolutamente schiaccianti. E a schiacciarli, nel vero senso della parola, provò continuamente il nemico.

Il terreno intorno alle posizioni delle batterie si presentava così intensamente e profondamente arato dal gran numero di proiettili giuntivi, come non capitava di vedere presso alcun altra posizione.

Il tiro di controbatteria su quei pezzi completamente dominati dagli osservatori e dalle posizioni del nemico, oltremodo agevole e comodo per lui e altrettanto penoso e opprimente per gli artiglieri che debbono subirlo in condizioni di lotta così impari.

Nessuna condizione può considerarsi più triste per un combattente!

Esso è legato al suo pezzo: ne deve seguire le sorti fino all'ultimo, fin quando, cioè, fra le tante, arriverà la granata che li schianterà entrambi, insieme.

Pensare: cadono i primi colpi, lunghi o corti, ad una certa distanza e con una certa irregolarità... Poi più vicini... Poi, ancora, quasi addosso al pezzo...

- Aggiustano il tiro qui! - dice l'artigliere a se stesso. Incomincia, frattanto, il tiro d'efficacia: celere, metodico, inesorabile, continuo ...

- aggiustato! - conclude.

Contemporaneamente il pezzo deve continuare il suo fuoco. Non deve smettere se non quando sarà abbattuto.

Non un riparo qualsiasi, un muretto, un tronco, non una buca in cui appiattarsi esiste per lui, ma il cannone, solo il cannone e i suoi congegni: comandi da ascoltare e da eseguire. La mano deve essere ferma e l'occhio sicuro, anche se il sangue, a tratti, si arresta nelle vene. Ne va di mezzo la sicurezza delle truppe antistanti.

Il resto, cioè i sibili laceranti, gli schianti presso le ruote e gli scudi, la terra che bolle sotto i piedi, il fumo e il gas delle granate in arrivo, le schegge che uccidono il compagno non riguardano il servente superstite.

E mentre il fuoco in arrivo e in partenza infuria, il servente conscio che, da osservatori magnifici e bene appostati come tribune da spettacoli, si mira là, proprio là dove è lui col suo cannone e si può rettificare, limare l'esattezza del tiro fino al colmo della precisione, per colpirlo.

E questa una situazione atroce per un uomo.
 

 

Signori, ecco la dimostrazione dell'eroismo di Carlo Zappelli non come episodio, ma come stato. Egli l'animatore, la guida, l'esempio dei suoi artiglieri visse la guerra sempre sull'ara. Ogni pezzo un'ara fu il motto coniato dagli artiglieri sul Piave. Sempre ed ovunque il motto che il 37° incise sulla pietra del San Michele, il tragico monte dalle quattro cime, meta di sei battaglie, tomba di innumeri eroi, monumento della grande Italia, che bevve sangue generoso come nessun altro luogo della terra e si mostrò per lungo periodo, infuriato, impennacchiato di fumo come un dio crudele.

No! Non inutile che noi riportiamo il nostro ricordo a quei giorni di amore e di odio, di eroismo e di vigliaccheria, di strage, di pianto, di fervore, di esaltazione. Con il ricordo onoro Carlo Zappelli ed ogni combattente, eroe sconosciuto e conosciuto, disperso e insepolto o onorato sull'altare della Patria. Né la ricchezza né le cariche valgono la qualifica di combattente.

 

Trevi, Bovara, piazzale della chiesa. Scoprimento della lapide comemorativa di Carlo Zappelli
L'oratore ufficiale, avv. Carlo Zenobi, pronuncia il discorso commemorativo. Dietro di lui il Sindaco Anna Maria Ubaldi. L'ultimo a destra, parzialmente coperto dal microfono,  il parroco di Bovara D. Bernardo Giacometti

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Per voi, giovani che mi ascoltate, aggiungo: Tolga il clemente Dio che abbia a suonare ancora per la nostra Patria, l'ora fatidica della guerra; ma se ventura fosse, guardate con occhio limpido gli esempi che vi hanno dato gli eroi d'Italia dal cuore puro e dall'animo volto ai più alti ideali e ricordatevi che nella caducità delle cose e degli eventi umani, solo l'amore per la Patria immortale.

In guerra dunque, nel luogo ove menzogna ed infingimento non esistono e l'uomo si rivela per quale esso effettivamente è, Carlo Zappelli risultò l'uomo sereno, coraggioso, leale, generoso, ligio al suo dovere qualunque prezzo costasse, senza indulgenza per sé stesso, animatore, costruttore.

Queste virtù, che erano il substrato del suo spirito e formavano il suo carattere, portò anche nella sua lunga attività civile.

Perché il dilagante materialismo non facesse dimenticare alle nuove generazioni il sangue e il sacrificio della guerra vittoriosa, dedicò fervido lavoro nel promuovere iniziative pubbliche e private a presidio degli alti valori morali e delle virtù civiche. E fu presidente di associazioni combattentistiche e di decorati al Valore Militare.

Alla amministrazione della cosa pubblica dette il suo consiglio e la sua esperienza e fu consigliere comunale e consigliere provinciale.

Fu corrispondente di giornali e riviste in materie scientifiche e militari.

Molti Istituti finanziari si avvalsero dei suoi pareri sempre sobri ed oculati.

Ogni istituzione volta al bene ed al miglioramento morale del cittadino lo ebbe come valido collaboratore.

Ma la sua maggiore attività la dedicò alla scuola, come Docente e come Preside. Aveva tanto contribuito a formare l'Italia; completò la sua opera formando gli italiani. Opera appassionata per la quale visse, solerte, assiduo, prudente, giusto, la sua lunga giornata di lavoro.

Gli alunni erano il prezioso e delicato materiale affidato alle sue cure di educatore; materiale da correggere, spesso; da plasmare, sempre. Sentì la sua funzione come una missione affidatagli da Dio e dalla società e, con gli intenti più puri l'assolse fino in fondo.

Più e più generazioni di allievi piangono oggi il maestro perduto e ne ricordano e ne vivono gli insegnamenti.

Educatore non si limitò, nella sua lunga opera, ad erudire i giovani solo in una disciplina scolastica, ma completò l'insegnamento con la formazione del carattere, con il richiamare continuamente l'alunno alle alte idealità della vita. Nella Sua scuola, insomma, entrava lo scolaro e ne usciva il cittadino pronto alla vita.

L'esempio era sempre la più forte leva.

Quel professore, quel preside, sempre sereno ed equanime, sempre così assiduo, così preciso, così preparato in tutto, senza lacune; dal portamento così equilibrato, in sobria signorilità sempre unita ad evidente semplicità, quella simpatia che inspirava in chi l'avvicinasse, finivano sempre per attrarre l'alunno che inavvertitamente ne subiva il fascino e ne sorbiva e maturava l'insegnamento che va oltre la scuola e che si estende nella vita.

Il suo discorso, disinvolto ed efficace, si sentiva proveniente da una mente non preoccupata di sé, ma dello scopo a cui tende, senza il fatuo proposito di strabiliare gli ascoltatori e di cercare l'applauso. Era la parola semplice che pure svegliava fremiti ed imprimeva nell'animo il ritmo della concezione.

Nella scuola, può dirsi, alzò l'ultimo suo canto, che, appena lasciata la scuola, al plauso degli allievi, seguì il subdolo maturare dell'opera del male. Era sempre stato risparmiato da questo finché fu al suo posto di lavoro: ora, violento, implacabile lo richiedeva come vittima.

 

In queste rinnovate ore di muto martirio, Carlo Zappelli, che ci aveva insegnato a vivere, ci insegnò anche a morire. Sarebbe offesa alla sua memoria se io non accennassi anche a quest'ultimo insegnamento.

Nell'ondata dei ricordi, nel crepuscolo della vita, non distolse più, neppure per un attimo, lo sguardo dalla meta ultima. Per breve ora parve che la sua robusta tempra trionfasse sul fato: ma fu breve speranza. L'opera del male tornò, nella sua violenza, implacabile.

Quotidianamente attinse forza dall'Iddio che aveva allietato la sua giovinezza. Nella cameretta, nella quale soffrì, senza lamento la sua ultima battaglia, due sole immagini raccoglievano lo sguardo del morente: quello della Madre delle madri e quello di Giovanni Bosco, l'educatore al quale si ispirò.

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Chiesa di San Pietro in Bovara.
La chiesa di Bovara. L'edificio che si intravede sulla destra, unito alla chiesa, l'ex abbazia benedettina che fu abitata dalla numerosa famiglia Zappelli. Lì nacque Carlo Zappelli.

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Attorniato dalla sua dolce famiglia, all'alba del 21 aprile, nella nascente primavera, col suo ultimo respiro, lasciò dietro di sé, nel silenzio in potestà della morte, il pianto della fedele consorte, della figlia, dei fratelli, dei parenti e di quanti lo conobbero.

Dal piccolo cimitero che si affaccia sulla placida valle del Clitunno, un ultimo monito ci giunge: udite! Amai Iddio, la Patria, la Famiglia; ad essi donai tutto me stesso. Come un eroe del San Michele io morii e con in mano le chiavi di un avvenire meraviglioso e nella tomba ritrovai la culla.

 DALLO STATO DI SERVIZIO DEL TEN. COLONNELLO D'ARTIGLIERIA CARLO ZAPPELLI

 

1 gennaio 1914 - Allievo Ufficiale di Complemento

8 novembre 1914 - Promosso Sottotenente e assegnato al 130 Art. Campagna

26 maggio 1915 - In Zona d'operazioni col 370 Art. Campagna

2 marzo 1916 - Promosso Tenente

5 novembre 1916 - Aiutante Maggiore in la del Reggimento

28 giugno 1917 - Promosso Capitano

23 marzo 1919 - Partito dalla Zona di Guerra

4 ottobre 1919 - Collocato in congedo

3-15settembre 1925 - Richiamato presso Scuole centrali di Civitavecchia

30 ottobre 1929 - Primo Capitano

25 luglio-13 agosto 1931 - Richiamato per esercitazioni estive

18-27 luglio 1933 - Richiamato per esercitazioni

2 novembre 1933 - Promosso Maggiore a scelta

20 luglio-20 agosto 1937 - Richiamato per istruzioni

1 gennaio 1939 - Promosso Ten. Colonnello a scelta

10 giugno 1940 - Richiamato presso l'Intendenza I Armata

10 ottobre 1940 - Ricollocato in congedo

 

Decorazioni:

Medaglia d'Argento al valor militare. Villanova di Farra, 15 novembre 1915

Croce di Guerra al Merito - per aver partecipato onorevolmente alle battaglie dell'Isonzo

Croce di Guerra al Merito - per aver partecipato onorevolmente alla Battaglia di Vittorio Veneto

 

Oltre all'aver coperto per otto mesi la carica di Aiutante Maggiore in la del Reggimento in guerra, ha tenuto il comando di Gruppo, sempre in guerra, interinalmente, in numerose circostanze, anche critiche quale quella del ripiegamento sul Piave, nell'ottobre 1917.

Nel complesso i periodi in cui ha tenuto tale comando superano i sei mesi.

 

 

 

 

 
CURRICULUM CIVILE E PARAMILITARE

 

CARLO ZAPPELLI fu Salvatore

Nato a Trevi (Perugia) il 25 gennaio 1893.

 

 

Laureato in Chimica pura a Roma il 22 dicembre 1922

 

A TREVI (1919-1927)

Presidente dell'Associazione Nazionale Combattenti

Consigliere Provinciale (1923)

Consigliere Comunale

Dirigente dei Corsi d'istruzione premilitari

Fondatore e Presidente dell'Unione ex Allievi di Don Bosco

 

A FOLIGNO (1927 - 1938)

Professore di ruolo e Preside Incaricato dall'Ist. Tecn. Commerciale

Ideatore, Costruttore e Direttore dell'Officina del Gas

Consultore di Zona dell'Associazione Arma d'Artiglieria

Vice Comandante dell'Unione Ufficiali in Congedo

Membro del Direttorio della Sezione del Nastro Azzurro

Membro del Consiglio di Sconto della Filiale Monte dei Paschi di Siena

Console Scolastico del T.C.I.

Corrispondente di Giornali e Riviste in materie scientifiche e militari

Autore della Monografia Dal San Michele a Vittorio Veneto

Vincitore del Concorso indetto dal Ministero della Guerra per la Cattedra di Scienze, Chimica e Geografia nella Scuola Militare di Roma. (Rinunciò).

 

Ad ALESSANDRIA (1938 -1940)

Nominato preside di 1a categoria (grado 6) nell'Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri

Membro del Consorzio Provinciale dell'Istruzione Tecnica, Dirigente Corso Marconisti pre-militari, Docente di Cultura Militare negli Istituti Medi Superiori

 

A FOLIGNO (1940 - 1964)

Fondatore e primo Preside del Liceo Scientifico Statale G. Marconi

Commissario dell'Istituto del Nastro Azzurro per tutta la Provincia

Membro del Consiglio Direttivo della Pro Foligno

Ricostitutore e Presidente della U.N.U.C.I.

Sindaco della Federazione Casse Risparmio I. C. per la Cassa di Foligno - 29 marzo 1946

Nominato per Decreto Commissario alla Cassa di Risparmio (Rinunciò) - 8 settembre 1944

Consigliere di amministrazione della Cassa di Risparmio - 18 marzo 1946

Preside  (di grado 5) nel Liceo Ginnasio Statale: tre scatti anticipati per classifica ottimo

Ricostitutore e presidente della Sezione dell'Istituto del Nastro Azzurro

Consigliere della Cassa di Risparmio

Membro del Comitato Direttivo della Dante Alighieri

Dirigente dell'Unità locale della Croce Rossa Giovanile Italiana

Console Scolastico del Touring Club Italiano

Presidente della Federazione Provinciale del Nastro Azzurro

Socio del Rotary Club dal 9 maggio 1962

Socio dell'Accademia Fulginia dal 29 dicembre 1964

 

Onorificenze civili:

Cavaliere della Corona d'Italia - 10 aprile 1936

Cavaliere Ufficiale al merito della Repubblica - 2 giugno 1957

Commendatore al merito della Repubblica - maggio 1964

 

 

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