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L'acquedotto medievale

La cronica mancanza di acqua dell’abitato di Trevi fu alleviata dalla costruzione dell’acquedotto del Fulcione verso la metà del XIII secolo. Ha funzionato ininterrottamente per sette secoli pur necessitando di continua manutenzione e di frequenti riparazioni.

Dopo la costruzione dell’acquedotto del Clitunno (1928), che risolse definitivamente il problema dell’approvvigionamento idrico per il capoluogo e gran parte del comune, rimase comunque in funzione anche l’acquedotto medievale che riforniva la “Fonte dei Cavalli” per abbeverare il bestiame e per usi agricoli.

 

Negli ultimi mesi del secondo conflitto mondiale, mancando l’energia elettrica ed essendo danneggiato l’impianto di sollevamento del Clitunno, l’acquedotto del Fulcione tornò di nuovo ad essere l’unica fornitura di acqua potabile per l’abitato di Trevi.

Successivamente, aumentando la richiesta si preferì potenziare il nuovo acquedotto, specialmente per l’abbondanza della sorgente e le incomparabili condizioni igieniche.

 

L’acquedotto è una pregevole opera di ingegneria del tempo. Lungo oltre 4 km in leggerissima pendenza, con dislivello complessivo di meno di 20 m, segue le curve di livello insinuandosi nelle valli. La scarsa pendenza e l’impossibilità di una completa visione del tracciato richiesero certamente accurati calcoli e rilievi strumentali.

È uno stretto cunicolo transitabile, per l’ispezione e riparazione, ma soltanto da persone di piccola taglia. Il fondo è largo 35 - 40 cm mentre più in alto si arriva a 60 - 65 cm; l’altezza si aggira sui 140 cm.

Il fondo fino ad un’altezza di circa 40 cm è rivestito, per garantirne l’impermeabilità, con intonaco grossolano di malta di calce.

La copertura è realizzata con tecniche varie, forse perché interessata da vari rifacimenti. In alcuni tratti è coperto da lastre di pietra “alla cappuccina”, in altri da volta in pietra dal profilo ogivale

 

Il condotto ha origine dalla sorgente in località Fulcione sopra all’abitato di Pigge. (Sembra che la toponomastica moderna propenda per la denominazione “Falcione”, forse perché programmi di videoscrittura suggeriscono automaticamente questa seconda forma. Provare per credere!).

Le opere di captazione si articolano in due gallerie che raccolgono diverse “vene”, ma questa non era l’unica sorgente che alimentava l’acquedotto. Dopo circa 500 m di percorso vi confluiva l’acqua della fonte del Cupo, nei pressi della chiesa di S. Arcangelo, con un’opera che si può far risalire all’epoca della primitiva costruzione. Lungo il percorso altre fonti, in epoche successive, vennero convogliate nell’acquedotto, quali la sorgente del Poggio, sotto Coste S. Paolo e le sorgenti di “Veroli”, del Salcio e della Renacciola, che dalle Coste venivano condottate e vi confluivano nei pressi dell’ex chiesa di Santa Caterina.

L’acquedotto terminava in due grosse vasche a monte di piazza Garibaldi, distrutte recentemente.

L’acqua veniva da qui introdotta nell’abitato dove alimentava la fontana di piazza e numerose cisterne fino alla parte inferiore delle Piaggia.

Lungo l’acquedotto vi erano varie aperture per prelevare l’acqua e per introdurvisi per l’ispezione e manutenzione.

I guasti più frequenti erano dovuti alle acque meteoriche che un tempo molto frequentemente fluivano in piena lungo i fossi nei due versanti del colle dei Cappuccini, provocando l’asportazione di tratti di copertura e la conseguente ostruzione del condotto.

 

La strada dei Condotti

Dalla piazza “del Lago” ora piazza Garibaldi, una strada seguiva tutto il percorso dell’acquedotto. Il primo tratto, in comune anche con il percorso che conduce al cimitero, prima dell’invasione massiccia dell’automobile, era la “passeggiata” invernale dei trevani. Tutto il percorso, praticamente pianeggiante e quindi di facile e piacevole percorribilità offre visioni panoramiche straordinarie.

Oltre ai passaggi di cresta del colle di Morro, sopra alla “Croce di Bovara” (o “Croce Alta”) e sopra all’Alvanischio, interessanti per il panorama della valle, è spettacolare anche l’opera muraria nel versante sud del colle di Morro. Qui la ripidissima costa ha richiesto un alto muro di sostegno dell’acquedotto e della strada soprastante.

Purtroppo, per allargare la strada tra gli oliveti, onde permettere un transito più agevole agli automezzi, l’acquedotto è stato sventrato in più punti. Numerosi altri crolli hanno aperto buche lungo il percorso, ma il danno maggiore fu causato negli anni ’70 dal nuovo tracciato della strada provinciale a monte di Trevi che in località S. Antonio, sotto il cimitero, ne ha distrutto il tratto maggiore.

Ai lati dell’edicola, misero avanzo della “Cappelletta” sulla strada del cimitero, si possono notare due tratti della parete interna dell’acquedotto.

Il primo tratto della strada dei condotti, da Trevi fino alla serra del Fosso dell’Eremita, veniva percorso dalle processioni che, nel giorno di Pentecoste e nei due giorni successivi, da Trevi e dalle frazioni a nord si recavano al santuario di S. Arcangelo, ora raggiungibile in auto con la strada sterrata che sale da Bovara.

 Lo stesso tratto di strada, ora sempre più malagevole, è parte del “sentiero degli Olivi”, da Assisi a Spoleto.

     

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